Un modello dell’attività delle cellule di Merkel nella recezione tattile (Immagine: Columbia University)
Lo studio è il primo ad applicare su questi recettori l’optogenetica, una tecnica innovativa che utilizza la luce per innescare un potenziale d’azione nei neuroni, accendendoli e spegnendoli a comando, e determinare così come funzionano e comunicano tra loro.
«Questi esperimenti sono la prima prova diretta che le cellule di Merkel possono codificare il tatto in segnali neurali che trasmettono al cervello informazioni sugli oggetti del mondo intorno a noi», ha detto Ellen Lumpkin, professore associato di biologia somatosensoriale.
Un video che mostra la risposta al tatto delle cellule di Merkel (fonte: Columbia University)
La ricerca è stata pubblicata in concomitanza con un altro studio che il team ha realizzato in collaborazione con lo Scripps Research Institute. Anche questo secondo lavoro rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione della percezione tattile: esso dimostra infatti che per funzionare correttamente le cellule di Merkel hanno bisogno della proteina Piezo2, un canale ionico scoperto pochi anni fa.
L'immagine a immunofluorescenza mostra una papilla dermica di topo, dove le cellule rosse rappresentano le cellule di Merkel e l’area verde indica l’espressione di Piezo2 (Immagine: Scripps Research Institute)
Altri tipi di cellule potrebbero essere coinvolti nella sensazione del tatto e in altre sensazioni meno piacevoli, come il prurito e il dolore. Le stesse tecniche optogenetiche potrebbero quindi fornire nuove risposte anche sul meccanismo responsabile della perdita della sensibilità tattile.
Sappiamo infatti che diverse condizioni - tra cui il diabete e alcuni trattamenti chemioterapici contro il cancro, così come l’invecchiamento fisiologico - possono ridurre la sensibilità al tatto. Le cellule di Merkel iniziano a scomparire intorno ai 20 anni, e contemporaneamente l’acuità tattile inizia a diminuire.
«Nessuno ha verificato se la perdita di cellule di Merkel causa la perdita di funzione con l’invecchiamento - potrebbe essere una coincidenza - ma è una questione che ci interessa approfondire», ha dichiarato Ellen Lumpkin.
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