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Cellule staminali partenogenetiche: la "nascita vergine" che fa battere il cuore

Nuove prospettive per la medicina rigenerativa arrivano dalle cellule staminali partenogenetiche. Senza ricorrere a cellule embrionali, ricercatori tedeschi sono riusciti a ricreare in laboratorio cellule di tessuto cardiaco.
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Nuove prospettive per la medicina rigenerativa arrivano dalle cellule staminali partenogenetiche. Senza ricorrere a cellule embrionali, ricercatori tedeschi sono riusciti a ricreare in laboratorio cellule di tessuto cardiaco.

Quando un infarto colpisce il cuore, fino a un miliardo di cellule cardiache va incontro a morte lasciando una cicatrice indelebile. Per fortuna, oggi esistono terapie in grado di limitare i danni di un'ischemia cardiaca, ma la vera cura giace nella possibilità di “sostituire” il tessuto cardiaco ormai inutile con nuovi cardiomiociti. Nel tentativo di eliminare la necessità di un trapianto di cuore, la medicina rigenerativa lavora da anni con l'obiettivo di produrre cardiomiociti in vitro: nuove prospettive giungono ora dalle cellule staminali partenogenetiche. Senza ricorrere a cellule embrionali, ricercatori tedeschi sono riusciti a ricreare in laboratorio cellule di tessuto cardiaco trapiantate poi con successo in un modello animale.

Illustrazione di un cuore colpito da infarto posteriore del miocardio (Immagine: Wikimedia Commons)


Partenogenesi, la “nascita vergine”
La partenogenesi è una forma di riproduzione asessuata che, nonostante sia assente nei mammiferi, si può riscontrare normalmente in diversi organismi: dalle piante agli insetti, dai pesci agli anfibi e rettili. Durante la partenogenesi (che in greco significa “nascita vergine”), un uovo non fertilizzato inizia a dividersi e svilupparsi in un nuovo individuo: tutto ciò avviene, però, senza che sia intervenuto il gamete maschile a fertilizzarlo. Nei casi di partenogenesi obbligata, ad esempio, l'intera popolazione è costituita da femmine e tutti i discendenti sono geneticamente identici alla madre.

Cellule staminali partenogenetiche: che cosa sono e come si producono?
Già da diversi anni sono note ai ricercatori molecole in grado di mimare il processo di fertilizzazione e di innescare “artificialmente” il fenomeno della partenogenesi. Questo sistema  di induzione funziona anche con le cellule di mammiferi ed è stato recentemente impiegato per produrre in vitro cellule partenogenetiche pluripotenti: analogamente a quanto osservato per le cellule staminali embrionali, le cellule staminali partenogenetiche sono in grado di rispondere a vari stimoli differenziativi e di dare quindi origine a diversi tipi di tessuti. Nonostante le analogie, esistono però differenze fondamentali tra cellule staminali embrionali e cellule partenogenetiche: a differenza delle embrionali, le cellule ottenute per partenogenesi non derivano da un uovo fecondato e non potrebbero mai dare origine ad un nuovo individuo.
Partendo da questa scoperta, ricercatori tedeschi hanno indotto il processo di partenogenesi in cellule somatiche (adulte) di un topolino, generando così cellule staminali partenogenetiche (dette anche PSC, dall'inglese Parthenogenic Stem Cells). Queste cellule sono poi state guidate verso il differenziamento in cardiomiociti, le cellule muscolari che sostengono l'attività contrattile del cuore. I cardiomiociti così generati sono stati fatti crescere attorno ad una struttura di sostegno (chiamata in gergo scaffold), che ne ha permesso l'organizzazione tridimensionale in quello che, a tutti gli effetti, è un tessuto cardiaco. Il muscolo è stato poi trapiantato sul cuore dello stesso topolino da cui era stata presa la prima cellula, quella utilizzata per indurre il processo di partenogenesi. Lo studio, pubblicato sulle pagine del Journal of Clinical Investigation, mostra che le cellule ottenute dalle PSC sono cardiomiociti a tutti gli effetti, con sarcomeri ben sviluppati e in grado di sostenere l'attività elettrofisiologica tipica dei cardiomiociti maturi. Cosa ancora più importante, le cellule trapiantate hanno attecchito e sincronizzato la propria attività elettrica con quella del cuore del topo ricevente il trapianto.

Una cellula cardiaca (cardiomiocita) e gli elementi alla base del suo funzionamento (traduzione in italiano dall'Immagine di Wikipedia)

Cellule staminali partenogenetiche: un'alternativa per la medicina rigenerativa del futuro?
Il vantaggio di utilizzare cellule staminali ottenute per partenogenesi è duplice. Innanzitutto, la generazione di queste cellule pluripotenti non richiede affatto l'utilizzo di embrioni, permettendo di agire nel rispetto delle questioni etiche che invece impregnano l'utilizzo di cellule staminali embrionali. In secondo luogo, le cellule staminali partenogenetiche hanno un notevole vantaggio anche dal punto di vista clinico. Ad oggi, quando un organo viene trapiantato, uno dei rischi maggiori riguarda il rigetto dell'organo: in altre parole, il sistema immunitario del paziente riconosce l'organo trapiantato come “estraneo” e può attivare una potente risposta immunitaria che, in alcuni casi, può danneggiare seriamente il nuovo organo, vanificando i vantaggi del trapianto. L'ipotesi di poter ottenere, in futuro, cellule partenogenetiche anche dall'uomo potrebbe ridimensionare notevolmente questo problema: poiché le cellule partenogenetiche vengono generate a partire da un solo individuo – ed essendo quell'individuo lo stesso che riceverà il trapianto – i rischi associati al rigetto dell'organo sarebbero praticamente azzerati.
Per la medicina rigenerativa si tratta senza dubbio di una prospettiva affascinante, ma anche molto ambiziosa: il sistema messo a punto dai ricercatori tedeschi è infatti incentrato sul modello del topo, ma rimane ancora da dimostrare se questa procedura funzionerà anche con le cellule umane. E se funzionerà, quali tessuti potranno essere generati in vitro a partire da queste cellule partenogenetiche? E' lecito pensare che passeranno ancora molti anni prima che si possa dire addio ai trapianti come unica strategia per sostituire un organo malato. Nondimeno, studi come questo sembrano indicare che la possibilità di ingegnerizzare in vitro tessuti ad hoc non sia più un'utopia impossibile da realizzare: molto difficile – questo sì – ma non  impossibile.

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