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Cellule staminali pluripotenti, l'avventura continua

L'avventura delle cellule staminali pluripotenti indotte si arricchisce di un nuovo procedimento: l'esposizione a forti stimoli ambientali sarebbe sufficiente a risvegliare la staminalità di una cellula già differenziata, aprendo la strada a possibili applicazioni nel campo della medicina rigenerativa.
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L'avventura delle cellule staminali pluripotenti indotte si arricchisce di un nuovo procedimento: non più la manipolazione genetica, ma l'esposizione a forti stimoli stressanti sarebbe sufficiente a risvegliare la staminalità di una cellula già differenziata. La metodica, messa a punto da ricercatori dell'Università di Kobe, in Giappone, è ancora più versatile ed efficiente di quelle disponibili fino ad oggi e apre la strada a possibili applicazioni nel campo della medicina rigenerativa.
Il "metodo Yamanaka" per generare iPSC in vitro si basa sulla trasduzione di vettori virali che, inducendo l'espressione di particolari fattori di crescita, risveglia la staminalità di cellule già differenziate. (Immagine: Wikimedia Commons)
Sovvertendo uno dei dogmi della biologia– quello secondo cui il differenziamento cellulare è un percorso senza ritorno – Shinya Yamanaka nel 2006 sorprese la comunità scientifica dimostrando che fibroblasti completamente differenziati possono essere riconvertiti a cellule immature, le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (o iPSC, induced pluripotent stem cells). Il "metodo Yamanaka" per generare iPSCs richiede, tuttavia, l’utilizzo di vettori virali, necessari per indurre l’espressione di fattori di trascrizione indispensabili per risvegliare la staminalità di una cellula. L’utilizzo di virus, così come la manipolazione genetica delle cellule, rappresenta tuttavia un grosso limite alla conversione delle cellule iPSC in uno strumento affidabile per la medicina rigenerativa. Per questo motivo, da anni gli scienziati sono alla ricerca di sistemi alternativi che permettano di ottenere cellule pluripotenti senza doverle manipolare geneticamente. É proprio in questo filone di ricerca che si innestano i due studi pubblicati contemporaneamente sulle pagine di Nature da Haruko Obokata e collaboratori. I ricercatori giapponesi hanno infatti sviluppato un sistema completamente nuovo per generare in vitro cellule staminali pluripotenti. Esponendo linfociti già maturi a potenti stimoli ambientali, come per esempio livelli di pH molto bassi, i ricercatori sono stati in grado di riprogrammare le cellule a uno stadio più immaturo: sono nate così quelle che Obokata ha battezzato “cellule pluripotenti indotte da uno stress” o, per usare l’acronimo inglese, cellule STAP (Stimulus-Triggered Acquisition of Pluripotency). A conferma del fatto che le cellule ottenute sono vere e proprie cellule de-differenziate, le cellule STAP trapiantate in embrioni di topo hanno contribuito alla genesi dei tessuti in formazione: una caratteristica che, fino ad ora, solo le cellule embrionali vere e proprie o le cellule iPSC sono state in grado di manifestare. Il meccanismo che innesca la riprogrammazione nelle cellule STAP sarebbe di natura epigenetica: l’esposizione a stimoli ambientali “stressanti” indurrebbe la cellula a diminuire il livelli di metilazione del DNA, uno dei più importanti meccanismi che la cellula mette in atto per regolare l’espressione dei geni. In particolare, nelle STAP, l’abbassamento dei livelli di metilazione favorirebbe la ri-accensione di geni associati a uno stato di pluripotenza, permettendo così una regressione a uno stadio più immaturo. Sullo stesso numero della rivista Nature, un secondo studio di Obokata descrive un’ulteriore peculiarità delle cellule STAP: la capacità di contribuire, nel topo, non solo alla formazione dell’embrione vero e proprio, ma anche del trofoblasto. Quest’ultimo è un tessuto extra-embrionale, che contribuisce alla formazione della placenta e degli annessi embrionali: pur non prendendo parte alla formazione dei tessuti dell’embrione, il trofoblasto gioca un ruolo chiave nel sostenerne lo sviluppo. Fino ad oggi, la capacità di generare sia l’embrione che il trofoblasto era una prerogativa delle cellule embrionali totipotenti, preclusa invece alle cellule iPSC: le cellule STAP sembrano invece in grado di superare questo limite, suggerendo che il loro grado di riprogrammazione sia ancora più profondo di quello ottenibile con il classico “metodo Yamanaka”.
Immagine di una blastocisti: lo strato di cellule turchesi identifica il trofoblasto (indicato come "trophoblast" nella figura), mentre in blu sono indicate la massa di cellule da cui originerà l'embrione vero e proprio (Immagine: Wikimedia Commons)
Il sistema messo a punto dai ricercatori per generare cellule STAP sembra quindi in grado di raggiungere livelli di riprogrammazione mai visti fino ad oggi. Rimane da chiarire da dove derivino l’ampio potenziale di queste cellule e la loro capacità di differenziare sia in tessuti embrionali che extra-embrionali. Tuttavia, non c’è dubbio che il nuovo sistema per generare cellule pluripotenti in vitro, aggirando del tutto la fase di manipolazione genetica, faccia intravedere nuove applicazioni nel campo della medicina rigenerativa.   Foto Box: Wikimedia Commons
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