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Sulle montagne russe di un clima "estremo"

Gli eventi climatici definiti come «estremi» sono sempre più frequenti, gettando nel caos intere aree d’Europa e Stati Uniti: piogge copiose che danno origine a vere e proprie alluvioni, sccità prolungate che mettono in difficoltà l’agricoltura. Sul banco degli imputati vengono chiamati gli areosol e l’inquinamento atmosferico, senza peraltro stupire. Per capire come contrastarne gli effetti dobbiamo studiare ancor più a fondo gli andamenti di questi eventi, giorno per giorno.
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Gli eventi climatici definiti come «estremi» sono sempre più frequenti, gettando nel caos intere aree d’Europa e Stati Uniti: piogge copiose che danno origine a vere e proprie alluvioni, sccità prolungate che mettono in difficoltà l’agricoltura. Sul banco degli imputati vengono chiamati gli areosol e l’inquinamento atmosferico, senza peraltro stupire. Per capire come contrastarne gli effetti dobbiamo studiare ancor più a fondo gli andamenti di questi eventi, giorno per giorno. Le variazioni del clima sono diventate, anche in regioni classicamente temperate, molto più estreme. Uno studio, pubblicato sulle pagine di Nature Geoscience, indica una possibile causa di questi cambiamenti improvvisi: sul banco degli imputati gli aerosol e l’inquinamento atmosferico.  

Siccità e alluvioni: due facce della stessa medaglia, quella di un clima sempre più estremo (Immagini: sulla sinistra Wikimedia Commons e sulla destra Wikimedia Commons)

Aerosol: piccole particelle ma con un pesante effetto sul clima

In termini meteorologici, gli aerosol rappresentano sospensioni di minuscole particelle, solide o liquide, disperse nell’atmosfera. La loro natura chimica è molto variabile: si va dalle semplici goccioline di vapore acqueo, alla fuliggine, a particelle di carbone e a polveri derivanti dalla combustione di carburanti fossili. In altre parole, un po’ tutto quello a cui facciamo riferimento quando parliamo di inquinamento atmosferico. Gli aerosol presenti nell’aria rappresentano un rischio non solo per la nostra salute, ma anche per il clima. Le particelle presenti nell’atmosfera contribuiscono a riflettere la luce solare nello spazio o assorbono parte dell’energia solare che dovrebbe arrivare sulla Terra: una combinazione di effetti che finisce per diminuire o aumentare, a seconda dei casi, la temperatura dell’atmosfera. La notevole variabilità con cui gli aerosol influenzano il riscaldamento o il raffreddamento mina alla base la stabilità dell’atmosfera, rendendo più caotici i movimenti d’aria e la formazione di nubi. Il loro effetto sarebbe però ambivalente: dove le precipitazioni tendono ad essere lievi, la presenza di particelle nell’aria rende ancora più difficile la formazione di pioggia. Al contrario, se le precipitazioni sono già forti, l’inquinamento ne aumenterebbe l’intensità addirittura del cinquanta percento.  

Siccità e inondazioni: due facce della stessa medaglia

Quando le correnti di aria salgono, il vapore acqueo condensa in particelle per formare poi le gocce di pioggia. In assenza di inquinamento, queste goccioline sono più grosse e hanno maggiori probabilità di collidere e fondersi con altre gocce che cadranno poi sotto forma di pioggia. Se però l’aria è inquinata, le particelle di vapore acqueo sono più piccole già in partenza: questo diminuisce la possibilità che si formino vere e proprie gocce di pioggia. Se già in partenza le chances erano poche, la presenza di inquinamento farà sì che non pioverà affatto. In compenso, il vapore acqueo che viene così trattenuto da nubi con alte concentrazioni di inquinanti tende a congelare ad altitudini elevate. Il congelamento rilascia energia che permette alle nubi di crescere ulteriormente e di formare altro ghiaccio e grandine: un effetto cumulativo che, a un certo punto, esploderà in precipitazioni molto intense. Con questo modello i ricercatori spiegano quindi come l’inquinamento atmosferico possa contribuire sia ad un aumento della siccità, che all’incremento di precipitazioni disastrose che portano poi ad allagamenti e inondazioni.  

Quattro stagioni in una giornata

Quando si parla di clima estremo non ci si riferisce però solo alle sempre più esasperate variazioni stagionali. Alcuni ricercatori dell’Università di Princeton hanno messo in luce come anche nell’arco delle 24 ore le fluttuazioni del tempo si siano fatte sempre più drammatiche.

La mappa mostra in verde le zone del pianeta in cui la radiazione solare è andata aumentando tra il 1984 e il 2007, in fucsia le zone in cui è andata invece diminuendo. La zona dell'Oceano Indiano è omessa per mancanza di dati consistenti (Immagine: David Medvigy, Princeton University)

Come riportato sul Journal of Climate, dalla fine degli anni Novanta c’è stato un incremento di passaggi climatici improvvisi con giorni di sole torrido alternati a violente tempeste. Queste fluttuazioni improvvise hanno però effetti profondi sulla stabilità dell’atmosfera, sulla distribuzione delle precipitazioni e, in ultimo, sulla composizione degli ecosistemi.
I modelli attuali prendono in considerazione valori medi di precipitazioni, ma – dal punto di vista dell’atmosfera – un conto è se piove un po’ ogni giorno, un altro se un’intera settimana di caldo torrido viene interrotta da una violenta tempesta. Queste variazioni improvvise, un tempo circoscritte alle regioni tropicali, si verificano sempre più spesso anche in altre zone del pianeta. Perché i nuovi modelli predittivi acquistino maggiore solidità, sembra ormai indispensabile abbandonare la stima di valori medi nell’arco di un anno o di un mese. È tempo di impugnare la lente di ingrandimento e scandagliare le variazioni climatiche giorno per giorno: le previsioni sui cambiamenti climatici del nostro pianeta potrebbero essere molto diverse – e non necessariamente più rosee – di quelle che abbiamo in mente oggi.   I cambiamenti climatici in atto stanno avendo conseguenze anche sui ghiacci polari e sulla sopravvivenza delle specie. Puoi leggerne qui: Addio ai ghiacci dell’Artico L’alba della sesta estinzione   _____ Immagine banner: Wikimedia Commons Immagine box: Wikimedia Commons
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