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Come contavano gli antichi Polinesiani?

Il sistema binario è stato inventato molto prima dei computer, quello che ancora non sapevamo è che forse una volta era usato anche su un'isola della Polinesia
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Associamo automaticamente il sistema numerico binario ai computer, ma due psicologi dell'Università di Bergen, in Norvegia, hanno scoperto che su Mangareva, un'isola della Polinesia francese, forse gli abitanti lo avevano adottato secoli prima prima che il matematico Leibniz nel 1703 ne desse la definizione formale.
Le quattro operazioni aritmetiche con il sistema binario da Explication de l'Arithmétique Binaire (1703) di Gottfried Wilhelm Leibniz Immagine: Wikimedia Commons
Secondo gli studiosi questi antichi polinesiani, che colonizzarono l'isola circa mille anni fa, inventarono un sistema di calcolo ibrido, che sovrapponeva il sistema binario a quello decimale. Possedevano infatti numerali per i primi nove numeri e un set di quattro numerali che indicavano potenze del numero 2 moltiplicate per 10, cioè takau (10), paua (20),tataua (40), e varu (80), ma mentre le unità e i varu venivano contati in base dieci, allo stesso tempo le operazioni nel range delle potenze seguivano le semplici regole di trasformazione tipiche di un sistema binario. Per la addizione, come si può vedere nell'esempio basta memorizzare che due K (takau) fanno un paua (P), che due P fanno un tataua (T), e che due tataua fanno un varu.
Immagine: Andrea Bender e Sieghard Beller, PNAS (2013)
Questo sistema di conto era però limitato alla spartizione di pochi beni molto "raffinati" e di alta rilevanza sociale, ad esempio tartarughe marine e piovre, considerati un dono appropriato per il re, ma anche pesci e frutti dell'albero del pane. Per tutto il resto su Mangareva si seguiva il classico sistema decimale comune in tutta la Polinesia. Anche prima di Leibniz altre culture avevano scoperto come contare in modo binario: lo stesso Leibniz cita l'I Ching, antichissimo testo cinese per la divinazione, ma malgrado la sua semplicità il sistema decimale si è imposto per ragioni "anatomiche", cioè perché l'uomo ha dieci dita ed è naturalmente portato a utilizzarle per contare. Se il sistema binario si è affermato più nei calcolatori elettronici che in quelli "organici" è anche perché la semplicità nelle regole di calcolo si scontra con la necessità di dover utilizzare molte più cifre per rappresentare lo stesso numero. Ad esempio se abbiamo a disposizione solo 1 e 0, per rappresentare il numero 48 servono ben 6 cifre (110000), ma con il sistema ibrido presentato dai ricercatori questo "effetto collaterale" viene annullato. Questa antica popolazione non aveva però sviluppato la scrittura, e anche se la lingua è rimasta ed ancora parlata da qualche centinaio di persone, da tempo il contatto con gli europei ha cancellato ogni traccia dell'originale sistema di calcolo. Le conclusioni dei ricercatori, pubblicate lo scorso dicembre sulla rivista PNAS sono infatti basate in gran parte sui dati raccolti dai primi etnografi negli anni '30 del secolo scorso, ma anche nell'impossibilità di una prova diretta, lo studio è stato apprezzato dagli addetti ai lavori. Con una punta di ironia l'antropologo Rafael Núñez (University of California, San Diego) ha dichiarato a Science che è «l'assenza stessa di testi scritti in questa cultura che rende l'ipotesi plausibile» perché con un sistema di calcolo binario integrato nel linguaggio sarebbe stato facilissimo tenere a mente complessi calcoli.
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