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Cronaca di un’estinzione di massa

Molti scienziati concordano che fu un asteroide killer a porre fine al dominio dei dinosauri, 66 milioni di anni fa. Ma la cronaca di quell’evento catastrofico è storia di oggi, grazie alle sempre più accurate ricostruzioni dei ricercatori
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Molti scienziati concordano che fu un asteroide killer a porre fine al dominio dei dinosauri 66 milioni di anni fa. Ma la cronaca di quell’evento catastrofico è storia di oggi, grazie alle sempre più accurate ricostruzioni dei ricercatori.

Un giorno qualunque di 66.038.000 anni fa, sulla costa dell’attuale penisola dello Yucatan, in Messico. Dinosauri al pascolo, altri in agguato pronti a trasformarli in grosse bistecche. In mare nuotano spaventosi plesiosauri di 15 metri, insieme ad ammoniti e gigantesche tartarughe, e nel cielo riecheggiano le grida degli pterosauri. Poi, all’improvviso, un bagliore accecante illumina il cielo. Una gigantesca palla di fuoco delle dimensioni di Manhattan squarcia le nubi sfrecciando a 30 km al secondo, accompagnata da un boato assordante. Poco dopo, un’immane esplosione provoca una violentissima onda d’urto che spazza via ogni cosa nel raggio di 500 km. La roccia si polverizza, raggiunge gli strati più alti dell’atmosfera, e il pianeta si trasforma in un inferno rovente. Violente tempeste di fuoco bruciano le foreste e fanno strage di animali. La vita sulla Terra, d’ora in poi, non sarà più la stessa. 

Una ricostruzione artistica del meteorite che circa 66 milioni di anni fa provocò una drammatica estinzione di massa e pose fine all'era dei rettili (Immagine: Wikimedia Commons) 

La fine dei dinosauri
I dinosauri e gli altri grandi rettili che popolano le terre emerse, i mari e i cieli sono certamente le vittime più eclatanti e conosciute, ma non sono i soli a sparire dalla scena in tempi relativamente brevi. L’80% di tutte le specie viventi non sopravvive alle conseguenze dell’impatto del meteorite (così vengono chiamati i corpi celesti che cadono sulla Terra): una lunga notte che dura almeno 5 anni, vastissimi incendi, terremoti, giganteschi tsunami, eruzioni vulcaniche, piogge acide e cambiamenti climatici. Molti sopravvissuti alla catastrofe vanno incontro a una lenta agonia: muoiono di fame, intossicati da gas venefici, piegati da condizioni climatiche estreme, forse perfino colpiti da altri asteroidi caduti in rapida successione. 

Questa spettacolare estinzione di massa, uno degli attacchi più spietati alla biodiversità del nostro pianeta, segna il passaggio dal Cretacico al Terziario, il cosiddetto limite K-T. Finisce un’era, il Mesozoico, nota anche come “Era dei rettili”, in cui i dinosauri dominano incontrastati per ben 150 milioni di anni. Secondo le ultime datazioni, appena 33 000 anni dopo la caduta dell’asteroide, di questi incredibili animali, che continuano a stupirci, non c’è più traccia, se non nei loro discendenti pennuti, gli uccelli. Altri rettili, invece, come tartarughe e coccodrilli, riescono misteriosamente a sopravvivere, così come i piccoli mammiferi (che diventeranno il nuovo gruppo dominante di vertebrati) e perfino i delicati anfibi. 

Il più famoso dinosauro predatore, Tyrannosaurus rex, fu una delle vittime dell'estinzione di massa del Cretacico. La maggior parte degli scheletri esposti nei musei sono dei calchi, poiché sono stati rinvenuti solo 20 esemplari abbastanza completi, tra cui questo esposto all'American Museum of Natural History. Trovato nel 1908 in Montana, è stato rimontato tra il 1992 e il 1994 in modo da rispecchiare le nuove scoperte sull'anatomia e la postura (Immagine: Wikimedia Commons)

Sulle orme del killer
Oggi, le tracce di quella tragedia sono ancora visibili. Il cratere di Chicxulub (dal nome della località più vicina all’impatto), sepolto sotto la penisola dello Yucatan, ha posto fine a decenni di dibattiti scientifici sull’estinzione dei dinosauri. L’ipotesi di un meteorite risale al 1980, quando il premio Nobel per la chimica Luis Alvarez, suo figlio Walter e Frank Asaro raccolsero vicino a Gubbio, in Umbria, campioni di suolo risalenti al limite K-T. Le analisi rivelarono un’insolita concentrazione di iridio, un elemento chimico piuttosto raro sulla Terra, ma comune nelle meteoriti. In seguito, depositi risalenti a 66 milioni di anni fa furono trovati in altre parti del mondo.

Una ricostruzione artistica dell'impatto del meteorite sulla penisola dello Yucatan (Immagine: Wikimedia Commons) 

Molti scienziati, però, rimasero scettici, fornendo ipotesi alternative sulla fine dei dinosauri. Tra queste, le più accreditate erano le eruzioni vulcaniche e i cambiamenti climatici. Nel 1978, però, furono realizzate prospezioni petrolifere vicino alla costa dello Yucatan, che mostrarono gigantesche strutture semicircolari nel fondale marino. In seguito vennero trovate strutture corrispondenti anche sulla terraferma e divenne sempre più chiaro che si trattava di un immenso cratere da impatto largo oltre 180 km, creato da un meteorite di 12 km di diametro. 

Carta delle anomalie gravimetriche della penisola dello Yucatan, che mostra i cerchi concentrici del cratere da impatto. La linea di costa è indicata in colore bianco (Immagine: NASA/JPL-Caltech)

Nel 2008 Paul Renne, uno scienziato dell’Università di Berkeley in California, ha utilizzato una tecnica chiamata argon-argon, che si basa sul tasso di decadimento di un isotopo radioattivo del potassio, per datare con precisione l’evento. Analizzando tectiti, sferette vetrose prodotte dall'impatto dell’asteroide con la Terra, è riuscito a stabilire che la collisione avvenne 66,038 milioni di anni fa (con un margine d’errore di 40 000 anni), una data compatibile con i dati paleontologici sull’estinzione di massa. L’intervallo di tempo tra l’arrivo dell’asteroide e la totale scomparsa dei dinosauri era stato stimato, in precedenza, in 300 000 anni, ma le nuove misurazioni lo riducono ad appena 33 000 anni.

Video pubblicato da INAF il 7 febbraio 2013

Ciò è bastato a convincere gran parte della comunità scientifica che fu l’impatto di Chicxulub a causare l’estinzione dei dinosauri: due anni dopo, nel 2010, gli esperti di 33 istituzioni provenienti da tutto il mondo hanno firmato un rapporto che conferma l’ipotesi di Alvarez. Qualche scienziato, tuttavia, non è ancora convinto. Lo stesso Paul Renne, per esempio, sostiene che molte specie fossero già in crisi a causa di drammatici cambiamenti climatici, e che l’asteroide abbia rappresentato solo il colpo di grazia.

Inferno di fuoco
Ma gli sudi continuano. Ricercatori dell’università del Colorado Boulder hanno recentemente pubblicato sulla rivista Geophysical Research-Biogeosciences un articolo che avvalora l’ipotesi di incendi diffusi in tutto il pianeta in seguito all’impatto dell’asteroide. Il loro studio ha ricalcolato la velocità di deposizione del carbone trovato negli strati di roccia che risalgono a quel periodo. I risultati suggeriscono che la collisione vaporizzò enormi quantità di roccia che oltrepassarono l’atmosfera terrestre. Il rientro del materiale espulso avrebbe riscaldato l’atmosfera superiore a temperature paragonabili a quelle di un forno. La radiazione infrarossa emessa sarebbe stata spaventosa, pari a quella di una bomba all’idrogeno da 1 megatone (equivalente a 80 bombe nucleari di Hiroshima) ogni 6 km circa, su tutta la Terra. Ciò avrebbe scatenato incendi devastanti su scala globale, letali per molti animali incapaci di trovare riparo sotto terra o nell’acqua. Una prova sarebbe il ritrovamento di strati di cenere troppo spessi per essere esclusivamente il risultato dell'impatto.

Al di là di fascino che i dinosauri e la loro fine esercitano, perchè così tanti scienziati continuano a studiare la catastrofe di Chicxulub? La risposta è semplice: perché quella non fu la prima volta che un meteorite spazzò via dalla Terra quasi ogni forma di vita, e molto probabilmente non sarà l’ultima. Gli astronomi che monitorano asteroidi e altri corpi celesti in possibile rotta di collisione col nostro pianeta lo sanno bene. E riuscire a prevedere cosa ci attenderà, se un evento simile dovesse ripetersi, potrebbe decidere le sorti della nostra civiltà.

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