La struttura molecolare dell'idrazina, N2H2 (Immagini: Ben Mills, Wikimedia Commons).
Che cos’è l’idrazina?
L'idrazina è una sostanza molto tossica, oltre che uno dei più potenti agenti riducenti conosciuti in natura. Ma l'idrazina cela anche una natura esplosiva che l'ha resa, fin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, un potente propellente per razzi e, in seguito, per le missioni spaziali. In presenza di un catalizzatore, l’idrazina può decomporsi in pochi millisecondi sviluppando temperature altissime (fino a 800°C) e liberando grandi quantità di azoto e idrogeno gassosi, che imprimono la spinta propulsiva ai razzi. In condizioni più controllate, l’idrazina è stata impiegata anche come intermedio per fabbricare la sostanza che gonfia gli airbag in caso di incidente.
L'idrazina è stata impiegata per la propulsione di razzi, satelliti e shuttle spaziali (Foto: NASA, Wikimedia).
Al di là di queste applicazioni, è bene ricordare che l’idrazina è innanzitutto un intermedio fondamentale nel ciclo dell'azoto marino. La sintesi dell'idrazina non è però alla portata di tutti: gli unici organismi in grado di produrla sono un particolare gruppo di batteri (molti dei quali vivono negli oceani) in grado di ossidare l'ammoniaca in assenza di ossigeno. Queste reazioni, chiamate per semplicità anammox (dall'inglese Anaerobic Ammonium Oxidation), permettono ai batteri di convertire l'ammoniaca in azoto gassoso, sfruttando come intermedio di reazione proprio l’idrazina. Grazie a questo peculiare metabolismo, i batteri anammox sono responsabili del rilascio del 30-50% dell’azoto fissato negli oceani, contribuendo al processo di denitrificazione e al rilascio di N2 in atmosfera.
Alla scoperta dell'idrazina sintasi
Nonostante le tappe principali della reazione anammox siano chiare da tempo – così come il loro ruolo chiave nel ciclo dell’azoto – rimane ancora da capire come i batteri anammox sintetizzino l’idrazina necessaria per la reazione. Per venire a capo di questo mistero metabolico, un gruppo di microbiologi ha deciso di imbarcarsi nell'impresa di scoprire, una volta per tutte, come funziona l'enzima idrazina sintasi. Ricorrendo all'aiuto dei maggiori esperti di cristallografia al mondo, ovvero i colleghi del Max Planck Institute di Heidelberg, i ricercatori sono riusciti a ricostruire un modello 3D ad alta risoluzione dell'enzima. Un dimero allungato, formato dall'unione di due eterotrimeri all'interno dei quali si annidano gruppi eme: ecco a voi l'idrazina sintasi.
La struttura 3D dell'enzima idrazina sintasi (Immagine: Radboud University).
Da questa ricostruzione, l'enzima sembra avere più siti attivi, collegati tra di loro da un sistema di tunnel interni: una struttura che fa presupporre che la sintesi dell'idrazina avvenga in due passaggi. Dapprima, l'ossido di azoto (NO) viene ridotto, con l'aggiunta di 3 elettroni, a idrossilammina (NH2OH); questa, a sua volta, viene condensata con una molecola di ammoniaca (NH3), generando l'idrazina (N2H2).