Nella seconda metà del prossimo decennio in Europa entrerà in funzione un nuovo grande centro di ricerca. Si chiamerà Einstein Telescope e sarà un osservatorio di terza generazione per la rivelazione delle onde gravitazionali. Grazie a tecnologie all'avanguardia in parte ancora da sviluppare, sarà in grado di monitorare un volume di universo mille volte maggiore rispetto alle strutture attuali.
Sappiamo con certezza che Einstein Telescope consentirà straordinarie scoperte scientifiche. Non sappiamo invece ancora dove sarà costruito. La decisione sarà presa nel 2025 e l’Italia ha candidato un luogo speciale, che ha caratteristiche uniche al mondo: la zona della miniera dismessa di Sos Enattos, in provincia di Nuoro. Per capire il motivo, è necessario fare un passo indietro e partire dall’inizio.
Cosa sono le onde gravitazionali
Le onde gravitazionali sono increspature nello spaziotempo generate dal movimento accelerato delle masse. Eventi catastrofici come la fusione fra buchi neri, lo scontro fra stelle di neutroni e l’esplosione di supernove producono queste perturbazioni che si diffondono in tutte le direzioni alla velocità della luce, un po’ come le onde quando si getta un sasso in uno stagno.
Anche se a originarle sono dei veri e propri cataclismi, il passaggio delle onde gravitazionali ha effetti impercettibili: variazioni nelle distanze inferiori alle dimensioni di un atomo. Albert Einstein, il primo a ipotizzare la loro esistenza come conseguenza della teoria della Relatività Generale, riteneva che captarle fosse impossibile. Agli scienziati però piacciono le sfide difficili. Furono così ideati e sviluppati degli strumenti chiamati interferometri, costituiti da lunghissimi bracci in cui corre un raggio laser. Il passaggio di un’onda gravitazionale – questo prevedeva la teoria – avrebbe lasciato una traccia distorcendo leggermente i fasci laser, che avrebbero così dato origine a una nota figura di interferenza misurabile.
Gli osservatori di oggi
Quasi un secolo dopo l'intuizione di Einstein l’impresa riuscì a due grandi interferometri chiamati LIGO, che si trovano negli Stati Uniti e hanno due bracci lunghi 4 chilometri. Era il 14 settembre 2015 e gli strumenti osservarono un’onda gravitazionale generata un miliardo e 300 milioni di anni prima dalla fusione di due buchi neri. La scoperta ebbe una risonanza mondiale e nel 2017 valse il Nobel per la Fisica a tre dei principali scienziati coinvolti: Barry Barish, Kip Thorne e Rainer Weiss.
Negli anni successivi le osservazioni si moltiplicarono grazie anche all’interferometro VIRGO, che si trova a Cascina in provincia di Pisa e ha due bracci lunghi 3 chilometri. Di rivelazione in rivelazione, si è così sviluppato un nuovo modo di studiare il cosmo. Analizzando le caratteristiche delle onde gravitazionali si possono infatti ottenere informazioni sui fenomeni che le hanno prodotte. In alcune occasioni, ad esempio quando a generare l’onda sono degli scontri fra stelle di neutroni, con strumenti più tradizionali si può anche cercare di rilevare la radiazione elettromagnetica oppure i neutrini emessi dall’evento: è la cosiddetta astronomia multimessaggero.
Un interferometro di terza generazione
Einstein Telescope, il cui nome è ovviamente un omaggio ad Albert Einstein, sarà un interferometro di nuova concezione e molto più avanzato di LIGO e VIRGO. Innanzitutto, avrà una forma diversa e sarà ancora più grande: sarà un enorme triangolo equilatero con i lati lunghi 10 chilometri. All’interno ci saranno dei tubi a ultra alto vuoto in cui scorreranno dei fasci laser riflessi da specchi levigatissimi. Inoltre, per metterlo al riparo dai disturbi causati dalle attività umane, sarà costruito nel sottosuolo fra 100 e 300 metri di profondità. Sarà un progetto colossale, dal costo stimato di quasi due miliardi di euro. Sarà capace di creare migliaia di posti di lavoro ed è inserito nella Roadmap di ESFRI, lo European Strategy Forum on Research Infrastructures.
Le sue dimensioni e l’impiego di tecnologie di nuova generazione lo renderanno sensibilissimo. Potrà rivelare onde gravitazionali più deboli, provenienti da più lontano e generate anche da fenomeni come le supernove. Consentirà di ripercorrere l’evoluzione dell’universo e di comprendere meglio le leggi che lo regolano e le dinamiche di alcuni dei fenomeni più energetici che vi si possono trovare. Fornirà informazioni sul comportamento della materia in condizioni estreme. Forse permetterà anche di capire che cosa siano la materia oscura e l’energia oscura, che insieme costituiscono il 95% di ciò che compone il cosmo e di cui sappiamo pochissimo.
Per massimizzare i risultati è fondamentale individuare il luogo giusto dove costruirlo. Einstein Telescope sarà infatti così sensibile che anche dei piccoli terremoti o le vibrazioni prodotte da una linea ferroviaria ad alta velocità potrebbero danneggiare le sue osservazioni. Gli scienziati stanno girando l’Europa in cerca del posto giusto da oltre 15 anni e ormai le località rimaste nell’elenco delle candidature sono solo due.
La candidatura dell’Euroregione Mosa-Reno
In ordine alfabetico, la prima candidatura è quella dell’Euroregione Mosa-Reno. Si tratta di un’area a cavallo fra Olanda, Belgio e Germania. Il progetto prevede di realizzare l’interferometro a circa 250-300 metri di profondità sotto uno strato di suolo soffice, una sorta di isolante capace di bloccare i disturbi provenienti dalle attività umane in superficie.
A dar forza alla candidatura sono anche il coinvolgimento di più paesi e la posizione strategica. L’Euroregione Mosa-Reno si trova nel cuore dell’Europa ed è facile da raggiungere. Inoltre è vicina a moltissime grandi università e centri di ricerca e alle sedi di aziende ad elevata tecnologia che potrebbero essere coinvolte nel progetto.
La candidatura italiana
L’altra candidatura è quella italiana: l’area della miniera dismessa di Sos Enattos nella zona di Lula (Nuoro), dove fino al 1996 si sono estratti piombo e zinco. I suoi punti di forza sono soprattutto due caratteristiche del territorio che possono contribuire ad assicurare ad Einstein Telescope la quiete di cui necessita: la zona è scarsamente popolata e la Sardegna è una regione a bassissima sismicità.
Intuendo il potenziale dell’area, a partire dal 2010 una collaborazione scientifica guidata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha posizionato degli strumenti nelle gallerie un tempo percorse dai minatori per verificare le condizioni ambientali: sismometri per monitorare le vibrazioni del terreno, magnetometri per cercare eventuali disturbi elettromagnetici, microbarometri che registrano le variazioni di pressione; persino microfoni a ultrasuoni per rilevare i rumori ambientali. Dato che si trovano nel sottosuolo, le condizioni che studiano sono paragonabili a quelle che si avrebbero nelle gallerie da scavare per Einstein Telescope. Secondo gli scienziati che stanno analizzando i dati, il silenzio di Sos Enattos ha pochi eguali al mondo.
Oltre all’INFN che fa da capofila, a sostegno della candidatura di Sos Enattos si sono mobilitati moltissimi altri enti, università e istituti italiani, oltre al Ministero dell’Università e della Ricerca e alla Regione Sardegna. Alla guida del comitato tecnico-scientifico c’è il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi.
Un’opportunità straordinaria
L’Italia è già ai vertici mondiali in questo settore con l’interferometro Virgo di Cascina. Ospitare anche un centro di ricerca come Einstein Telescope sarebbe un’opportunità straordinaria dal punto di vista scientifico. Si tratterebbe infatti di un piccolo CERN, un istituto di spessore internazionale che darebbe lavoro a moltissimi fisici e ingegneri e che sarebbe frequentato e visitato da esperti di tutto il mondo.
Quella di Sos Enattos, la miniera dismessa che sogna di diventare protagonista in uno dei settori di frontiera dell’astrofisica, è insomma una storia che attende un lieto fine. Sarebbe la dimostrazione che gli investimenti nella scienza hanno una grande importanza anche dal punto di vista economico e possono rilanciare zone colpite da disoccupazione e spopolamento.
Verdetto nel 2025
La comunità scientifica di Einstein Telescope è composta da oltre 1500 esperti provenienti da 24 paesi e 217 istituti. Nel 2025 questa collaborazione scientifica internazionale contribuirà al verdetto valutando i progetti presentati e i dati raccolti con i monitoraggi dei siti candidati. La scelta finale del sito vedrà però anche un ruolo diretto da parte dei governi europei e delle loro agenzie. Sono tanti gli aspetti da tenere in considerazione: si deciderà dove posizionare il grande interferometro europeo di terza generazione e anche, di conseguenza, il futuro del territorio che lo ospiterà.
Interno della miniera di Sos Enattos (foto: Andrea Bettini)
La miniera di SOS Enattos (foto: EGO INFN)
Strumenti scientifici nella miniera di Sos Enattos (foto: Andrea Bettini)
Targa laboratorio nella miniera di Sos Enattos (foto: Andrea Bettini)
Tunnel della miniera di Sos Enattos (foto: INFN - Marco Sallese)
Progetto Einstein Telescope in Sardegna (immagine: INFN)
Progetto Einstein Telescope Mosa-Reno (immagine: Marco Kraan - Nikhef)
Tunnel della miniera di Sos Enattos (foto: EGO INFN)