Cronaca di uno sterminio
Le persone che vivevano nei villaggi avevano bisogno di legname per costruire i tetti, per riscaldarsi e cuocere i cibi. Inoltre, aprivano radure per coltivare la terra, quindi gli alberi non crescevano nei pressi dei siti archeologici finché questi erano abitati. Ma dopo la scomparsa dei nativi, le foreste hanno cominciato nuovamente a crescere e gli incendi boschivi sono diventati più frequenti.
Un uomo dell'etnia Pueblo in un dipinto del 1909 (immagine: Wikimedia Commons)
Villaggi fantasma
Per giungere a questi risultati gli scienziati hanno mappato 18 villaggi indigeni con una tecnica di telerilevamento nota come LIDAR (acronimo di Laser Imaging Detection and Ranging), che trova ampie applicazioni in geologia, sismologia e, come in questo caso, archeologia. Grazie a un laser capace di penetrare la fitta volta della foresta i ricercatori sono riusciti a ottenere istantaneamente una mappa dei siti precisa al centimetro, che avrebbe richiesto anni di rilievi con le tecniche tradizionali.
Una mappa che mostra la distribuzione degli insediamenti dei nativi Pueblo nel Nuovo Messico (immagine: Wikimedia Commons)
Con questi dati i ricercatori hanno potuto ricostruire l’architettura dei 18 villaggi, calcolare il volume di ogni edificio e sviluppare un'equazione per stimare quante persone vivessero nella zona. Prima del 1620 questo numero era di circa 6.500 individui, ridotti a meno di 900 in appena 60 anni. Le altre tribù del continente non hanno avuto maggior fortuna: agli inizi del 1600 mancavano già all'appello 50 milioni di nativi americani. Molti altri furono sterminati da conflitti e malattie nei secoli successivi: il più grande genocidio della storia dell'umanità.
Meno indiani, più incendi
Dal momento che i siti archeologici non sono stati scavati, la dendrocronologia (un sistema di datazione basato sugli anelli di accrescimento annuale degli alberi) non è servita a datare i reperti, per esempio le travi dei tetti. In compenso, il dendrocronologo del team ha esaminato gli anelli interni di alberi secolari che sono ancora in crescita in questi siti per stabilire quando sono germogliati. Un picco di crescita si è verificato tra il 1630 e il 1650.
La dendrocronologia sfrutta carote di legno per datare alberi secolari e reperti archeologici, ma anche per ricostruire il clima del passato, poiché in anni favorevoli gli anelli di accrescimento sono più spessi (immagine: Wikimedia Commons)
Il fattore scatenante di questa avanzata degli alberi è stato senza dubbio la rimozione della popolazione nativa dal paesaggio. Senza più esseri umani a contenerla, la foresta si è riappropriata del territorio, fornendo letteralmente più carburante per gli incendi.
Gli anelli degli alberi confermano che fino al 1620 i roghi erano sporadici e di piccola entità. In seguito, senza più campi coltivati che agissero da fasce tagliafuoco, gli incendi si sono intensificati. Fino al 1900, quando è aumentato il bestiame al pascolo e sono state introdotte politiche di gestione forestale e di controllo degli incendi.