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Emopoiesi: colpo di stato alle gerarchie staminali!

Entrato nei libri di testo da anni, il modello dell'emopoiesi sembrava ormai assodato. Un nuovo studio sovverte ora il vecchio modello e offre un nuovo modo di guardare alle cellule staminali.
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Sono le cellule staminali più studiate, quelle che da anni fanno da modello per lo studio della rigenerazione dei tessuti. Eppure, anche le cellule staminali emopoietiche, quelle cioè che danno origine a tutte le cellule che costituiscono il sangue, possono continuare a stupirci. Questa volta lo fanno in un modo piuttosto sorprendente, grazie ai risultati pubblicati dal gruppo di ricerca capitanato dal canadese John Dick, uno dei massimi esperti in questo settore. Lo studio, pubblicato dalla rivista Science, delinea i contorni di una scoperta interessante quanto sovversiva, che potrebbe ridisegnare il sistema emopoietico e tutti i rapporti gerarchici su cui si basava il vecchio modello di generazione del sangue.  

Gerarchie emopoietiche: la società delle cellule del sangue, così come l’abbiamo sempre conosciuta

Nel nostro sangue circolano miliardi di elementi figurati: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine che, per quanto diversi, derivano tutti da cellule staminali emopoietiche multipotenti. Queste cellule staminali, che risiedono all'interno del midollo osseo, mantegono l'omeostasi del sistema emopoietico, producendo elementi figurati per tutta la vita di una persona. Le cellule staminali possono essere paragonate a un fascio di luce bianca, che racchiude tutti i colori dell’iride: perché i colori si manifestino, il fascio di luce deve passare attraverso un prisma, ovvero un processo di graduale differenziamento che porta a scindere progressivamente la luce bianca in singoli raggi colorati. Questi raggi rappresentano i diversi destini differenziativi: eritroide (Er, per i globuli rossi), mieloide (My, per i globuli bianchi) e megacariocitario (Mk, da cui derivano le piastrine).
Il modello classico dell'emopoiesi può essere esemplificato con un prisma: le cellule staminali multipotenti sono come un fascio di luce bianca, che racchiude tutti i colori dell'iride, ovvero tutte le possibili cellule del sangue (Immagine: modificata da Wikimedia Commons).
Il delicato equilibrio che dosa l'attività rigeneratrice delle staminali con il numero di elementi figurati in circolo è stato per anni descritto con l'immagine di una piramide (o di un albero rovesciato), in cui sono evidenti i rapporti gerarchici tra le cellule del sangue. Secondo questo modello, messo a punto negli anni Sessanta e ormai entrato nei libri di testo, le cellule staminali accentrano su di sé, all’apice della piramide, il massimo della capacità rigenerativa e differenziativa; in base agli stimoli ricevuti, alcune cellule staminali multipotenti si trasformano poi in progenitori oligopotenti e, infine, unipotenti. Avvicinandosi alla base della piramide, le cellule non hanno ormai più nulla della staminalità iniziale: sono diventate globuli rossi in grado di trasportare il sangue, piastrine che possono rimarginare ferite e globuli bianchi capaci di combattere le infezioni. O, almeno, questo è quello che i ricercatori hanno sempre creduto. Ma forse le cose non stanno proprio così.  

Emopoiesi 2.0: il nuovo modello

Isolando in modo certosino migliaia di cellule staminali e studiando, una a una, il comportamento di ciascuna di esse, il gruppo di ricerca canadese ha raggiunto risultati inaspettati. Innanzitutto, i rapporti gerarchici che regolano l’emopoiesi cambiano al progredire dello sviluppo. Per esempio, durante la vita fetale l’empoiesi fa affidamento su un gran numero di progenitori oligopotenti; al contrario, il midollo osseo degli adulti sembra contenere per lo più progenitori unipotenti, specializzati in senso mieloide oppure eritroide. Questa differenza è del tutto inaspettata e dimostra che i rapporti gerarchici dell’emopoiesi non sono fissi, ma con l’età vanno incontro a un progressivo assestamento. L’assenza di progenitori oligopotenti nell’emopoiesi adulta non può essere riconciliata in alcun modo con la visione classica: è giunto il momento di ridisegnare l’emopoiesi e i rapporti gerarchici tra le cellule che ne fanno parte.
Il confronto tra il modello classico dell'emopoiesi, a sinistra, e quello aggiornato sulla base delle scoperte di John Dick e colleghi. I modellini di destra mostrano come la struttura dell'emopoiesi si modifichi passando dal periodo fetale alla vita adulta (Immagine: Screenshot da UHNToronto Youtube Channel, Courtesy of Dr. John Dick).
Secondo il nuovo modello, l’emopoiesi degli adulti può essere immaginata come una struttura a due piani (indicati in grigio nella figura in alto), in cui le cellule possono andare incontro a differenziamento. Tuttavia, mentre il “piano superiore” è abitato da cellule staminali e progenitori multipotenti, il “piano terra” ospita solo progenitori commissionati unipotenti. I progenitori oligopotenti, che nel modello classico costituivano un intermedio imprescindibile per tutto lo scheletro emopoietico, sarebbero ora un privilegio accordato solo all’emopoiesi fetale. Questa diversa distribuzione dei piani di differenziamento ha conseguenze inaspettate, soprattutto per i progenitori megacariocitari (da cui derivano le piastrine): a differenza dell’emopoiesi fetale, in quella dell’adulto la via del differenziamento terminale si staccherebbe direttamente dal compartimento delle cellule e dei progenitori multi potenti, prendendo una scorciatoia che non era mai stata osservata prima (e neppure era ritenuta possibile). Forse, è davvero giunto il momento di mandare in pensione il vecchio albero emopoietico.  

Un nuovo sguardo all’emopoiesi

Per usare le parole di John Dick, il nuovo modello dell'emopoiesi equivale a passare dalla TV in bianco e nero a quella HD: il programma è lo stesso, ma cambiano i dettagli che possono essere apprezzati. Le ricadute riguardano l’emopoiesi normale quanto quella patologica: capire come vengono generate le cellule del sangue nelle diverse fasi dello sviluppo potrebbe chiarire cosa va storto nel caso di un’anemia – quando non vengono prodotte abbastanza cellule del sangue – o di una leucemia, dove al contrario vengono prodotte troppe cellule in modo incontrollato. Nell’ambito dei tumori del sangue, si potrebbe poi comprendere perché le leucemie dei bambini hanno caratteristiche ed esiti così diversi da quelle degli adulti; e ancora, perché le leucemie mieloidi sono tanto frequenti, mentre quelle che portano all’accumulo di globuli rossi o megacariociti sono molto rare? Queste domande partono da osservazioni note da tempo, ma rimaste senza una risposta plausibile per molti anni. E sono già tanti i ricercatori che scalpitano: per tutte queste domande irrisolte il nuovo modello dell’emopoiesi lascia intravedere una possibile risposta. E una risposta corretta, nella ricerca clinica, significa anche un passo avanti verso una possibile soluzione.

In questo video, l'intervista a John Dick della UHN Toronto, in cui il ricercatore descrive come il suo gruppo sia giunto ai risultati che ridisegnano l'albero dell'emopoiesi.

 
Immagine banner: Globuli rossi fotografati al microscopio olografico digitale (Wikimedia Commons). Immagine box: Screenshot da UHNToronto Youtube Channel (Courtesy of Dr. John Dick)
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