Pianeti inaspettati: le nane bianche "inquinate"
Nel decennio scorso gli scienziati non immaginavano che intorno alle nane bianche fosse possibile osservare resti di sistemi planetari. Queste stelle, infatti, sono all'ultimo stadio della loro evoluzione: come succederà al nostro Sole, all'esaurirsi del combustibile stellare (l'idrogeno) contenuto nel nucleo, hanno cominciato a "bruciare" l'idrogeno degli strati esterni. Durante questo processo il loro raggio si è espanso e enormemente facendole diventare giganti rosse, che inevitabilmente hanno inghiottito i pianeti circostanti. Dopo questa fase le stelle di piccola massa si trasformano in nane bianche, che invece sono piccole, dense, e caldissime, composte interamente gas ionizzato perché gli "elettroni" vengono strappati ai loro nuclei. Nel 2005 però, grazie alle osservazioni spettrali del telescopio spaziale Spitzer, si è scoperto che intorno alla nana bianca G 29-38 era presente un disco di detriti, e successivamente altre stelle dello stesso tipo hanno rivelato la presenza di materiale in orbita: si tratta di nane bianche inquinate. La presenza di metalli tra gli elementi "inquinanti" suggerisce che intorno a circa il 15% delle nane bianche orbitino asteroidi e pianeti (o quello che di loro rimane).Eureka
Facciamo ora un passo indietro: nel 1917 l'astronomo Adriaan van Maanen scoprì una nuova stella dall'osservatorio di Mount Wilson, in California. Sulla base di una lastra spettrografica eseguita dall'astronomo Walter Sidney Adams, lo scienziato classificò la sua classe spettrale "circa F0": questo significava che erano presenti tracce di quegli elementi pesanti che, nelle nane bianche, suggeriscono la presenza di pianeti. Con le conoscenze disponibili al tempo, però, van Maanen non poteva sapere che aveva di fronte una nana bianca. Nel 2014 Ben Zuckerman (University of California, Los Angeles), tra i massimi esperti di nane bianche, suggerì che le prime osservazioni di van Maanen 2 (questo il nome della stella) da parte del suo scopritore probabilmente costituivano la prima prova di un sistema planetario diverso dal nostro. A quel punto il dottor Jay Farihi (University College, Londra), un suo dottorando che stava preparando una corposa review sulle nane bianche inquinate, decise di andare fino in fondo e mettere le mani sulla lastra fotografica impressionata nel secolo scorso. Tramite il direttore dei Carnegie Observatories, che ora amministrano gli archivi dell'epoca di Mount Wilson, lo scienziato è così entrato in possesso della pistola fumante: nello spettro di van Maanen 2 è evidentissima la riga del calcio.
(immagine: The Carnegie Mellon for Science, via Carnegie Science)
Questa immagine, insieme all'annotazione sul diario delle osservazioni di Walter Sidney Adams, sono ora pubblicate nella review uscita su New Astronomy Reviews.
Secondo il dottor Farihi non ci sono dubbi che lo spettro di Maanen 2 sia dovuto alla presenza di pianeti, e la loro identificazione è solo questione di tempo.
Immagine in apertura: NASA via Wikimedia Commons
Immagine box: ESA/Hubble via Wikimedia Commons