La curva di luce dell'occultazione sui dati del telescopio Danish all'osservatorio La Silla (Cile). La valle al centro del grafico corrisponde all'oscuramento da parte dell'asteroide, mentre le valli più piccole ai lati, etichettate 2013C1R e 2013C2R, corrispondono ai suoi due anelli (immagine: Braga-Ribas et al., Nature, 2014)
Secondo gli astronomi, che hanno appena presentato i loro risultati sulla rivista Nature, questa osservazione indica appunto la presenza di due anelli, uno più vicino a Chariklo, largo circa sette chilometri, e l'altro più lontano, largo 3 chilometri. Sulla loro origine al momento si può solo congetturare: una delle teorie più accreditate è che i frammenti che oggi compongono gli anelli si sarebbero formati a seguito dello scontro di Chariklo con un altro oggetto. In base ai dati spettrografici, gli scienziati ritengono invece che una parte degli anelli sia composta da ghiaccio, aspetto che rende forse azzeccati i nomi informali che gli sono stati affibbiati, Oiapoque e Chuí, due fiumi agli estremi Nord e Sud del Brasile.
Quel che è certo è che con i suoi 250 chilometri di diametro Chariklo è davvero minuscolo se confrontato ai quattro giganti che gli orbitano vicino. Ma questo conta poco: l'esclusivo "club" degli oggetti celesti circondati da anelli si è appena allargato.
In apertura una interpretazione artistica degli anelli visti dalla superficie dell'asteroide (immagine: ESO/L. Calçada/Nick Risinger)
Immagine box: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser/Nick Risinger