I militari inviati in zone di guerra manifestano spesso i sintomi tipici di Post-Traumatic Stress Disorder, a causa dei numerosi eventi trumatici cui vengono esposti nel corso della missione (Foto: Wikimedia Commons)
La terapia comportamentale è comunemente impiegata dagli psicologi per lenire lo stress legato ad eventi traumatici. I pazienti vengono allenati ad affrontare situazioni o pensieri correlati al trauma iniziale: riportando a galla i ricordi di quell’esperienza, è possibile affrontare e modificare la memoria, fino a quando il paziente sarà in grado di affrontare situazioni simili senza stress. Purtroppo, questo tipo di approccio non sempre funziona e la sua efficacia diminuisce via via che il tempo trascorso dal trauma si fa più lungo. Questo andamento, riscontrato in molti pazienti, ha per molto tempo lasciato perplessi scienziati e psicologi: in che cosa differisce, a livello biologico, un ricordo recente da uno che si è formato qualche mese prima? Come può il nostro cervello riconoscere la differenza tra i due tipi di memoria?
Per rispondere a questo quesito, il gruppo di ricerca del neurobiologo Li-Huei Tsai del MIT ha studiato come i ricordi traumatici vengano elaborati nel modello animale. In una prima fase, i topolini in studio sono stati esposti ad un leggero shock elettrico alle zampe, accompagnato da un rumore: in breve tempo, gli animali hanno imparato ad associare il suono con il dolore alle zampe. Da quel momento, ogni volta che i topi sentivano lo stesso suono si immobilizzavano e si ponevano in una situazione di allerta, anche in assenza di dolore alle zampe. A questo punto, i ricercatori hanno cercato di indurre gli animali a dimenticare l’associazione “suono-dolore”, mimando gli effetti della terapia comportamentale: esponendo ripetutamente i topolini al rumore senza che nessuno shock elettrico venisse liberato, gli animali hanno cancellato rapidamente il brutto ricordo associato al suono e non mostravano più segni di paura. I ricercatori si sono però accorti di una differenza fondamentale: se la cancellazione del ricordo è molto efficace per i traumi recenti, abolire l’associazione “suono-dolore” è molto più difficile nei topi che hanno subito il trauma da più di un mese. Questo suggerisce che le memorie più recenti sono, dal punto di vista biologico, molto diverse da quelle di vecchia data.
Uno dei meccanismi chiave della sedimentazione dei ricordi rimanda all’espressione di specifici geni coinvolti nell’apprendimento e nella memoria. Uno dei processi fondamentali per modulare l’espressione dei geni risiede nelle modifiche epigenetiche: attraverso l’acetilazione o la metilazione del DNA da parte di specifici enzimi, è possibile aumentare o diminuire l’espressione di un gene. Ogni gene lo si può immaginare ricoperto da una costellazione di gruppi di metilazione e acetilazione, chiamate nel complesso “modifiche epigenetiche”.
L'enzima deacetilasi, responsabile della deacetilazione del DNA e delle modifiche del panorama epigenetico del genoma (Immagine: Wikimedia Commons)