Quanto pesa un kilo? Può sembrare una domanda senza senso, eppure non lo è affatto. Il kilo, come altre unità di misura, fa riferimento a un oggetto fisico, il Prototipo Internazionale del Kilogrammo (IPK, International Prototype Kilogram) il cui primo esemplare è religiosamente custodito a Parigi al Bureau international des poids et mesures (BIPM, Ufficio internazionale dei pesi e delle misure) e che rappresenta lo standard, dal quale sono poi stati realizzate una manciata di copie ora distribuite in alcune nazioni. Sia l’originale che le copie sono composte al 90% di platino e al 10% di iridio, e sono conservate in un’atmosfera a composizione e pressione controllata. Ma si è presto scoperto tutto questo non è sufficiente a garantirne la stabilità. Inevitabilmente avvengono reazioni chimiche sulla superficie dell’oggetto che ne aumentano la massa, col risultato che le 40 copie negli anni divergono fra loro e rispetto all'originale di qualche decina di microgrammi (milionesimi di grammo). Si cerca di ovviare a queste contaminazioni effettuando una periodica pulizia con solventi, secondo una procedura messa a punto al BIPM, ma ora una nuova ricerca fa un po’ più di chiarezza sulla natura delle contaminazioni e a sua volta confermerebbe l’utilità di un metodo alternativo, già proposto in precedenza, per pulire gli inestimabili artefatti.
Usando la spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS), che consente di analizzare le superfici senza bisogno di prelievi che a loro volta potrebbero danneggiare gli oggetti ( infatti è una tecnica molto utilizzata anche negli studi che precedono gli interventi di restauro) i ricercatori della Newcastle University hanno provato che dopo un «bagno» di ozono e radiazioni ultraviolette, la superficie dei prototipi risulta sensibilmente pulita. Le invisibili «incrostazioni» riscontrate sono formate da composti di carbonio, ma gli studiosi, forti della strumentazione, dichiarano che ora è possibile tenere sotto controllo il prototipi e capire meglio come e perché «ingrassano». Forse, infatti, la superficie degli IPK interagisce anche con le minime tracce di mercurio presenti nell’atmosfera. Steven Cumpson, che ha presentato il lavoro assieme a Naoko Sano sulla rivista open access Metrology ha commentato: «Diversi Istituti Nazionali di Misura sono al lavoro per cercare un’alternativa a IPK - un valore standardizzato che non si basi su un pezzetto di metallo delle dimensioni di una scatola di fiammiferi - ma fino ad allora prototipi del kilogrammo sono ciò su cui il mondo basa la sua scala della massa».