Da sempre considerati pericolosi per la salute, i radicali liberi potrebbero svolgere un ruolo chiave nella rigenerazione di tessuti danneggiati. Lo rivela uno studio condotto sui girini e sulla loro capacità di far ricrescere la coda.
I radicali liberi sono da sempre considerati pericolosi per la salute: la loro elevata reattività li rende infatti uno dei principali fattori di danno cellulare. Ma queste molecole potrebbero celare anche un lato “buono”: a suggerirlo è uno studio pubblicato sulle pagine di Nature Cell Biology, in cui ricercatori dell’Università di Manchester dimostrano come le specie reattive dell’ossigeno (chiamate anche ROS, dall’inglese Reactive Oxygen Species) siano fondamentali per la rigenerazione dei tessuti nei girini e permettano loro di far ricrescere la coda quando questa viene amputata.
La coda dei girini: persa una, se ne rifanno un’altra
La capacità di anfibi, salamandre e lucertole di far ricrescere tessuti amputati è da sempre oggetto di curiosità (e forse anche invidia) da parte degli scienziati. Se, ad esempio, un girino perde la coda, una nuova crescerà nel giro di appena una settimana: una capacità rigenerativa che noi uomini nemmeno ci sogniamo! Con lo studio pubblicato su Nature Cell Biology, il team di Enrique Amaya hanno scoperto che nei girini tra le molecole più importanti per la riparazione di un tessuto danneggiato vi sono proprio le temutissime ROS.
Già in passato lo stesso gruppo di ricercatori aveva fatto una scoperta curiosa: studiando il processo di rigenerazione a livello genetico, gli scienziati avevano scoperto che tra i geni più attivati vi sono quelli coinvolti nella produzione di specie reattive dell’ossigeno. Come indica il nome stesso, le ROS sono molecole molto attive dal punto di vista chimico: una caratteristica che permette loro di reagire facilmente con altre componenti cellulari (come ad esempio le proteine): un’interazione pericolosa, che spesso si traduce con l’ossidazione delle molecole che malauguratamente hanno interagito con le ROS. Il risultato è, il più delle volte, un danno alla molecola e, nei casi più estesi, a tutta la cellula.
Radicali liberi: non tutto il male viene per nuocere
Ma se queste ROS sono così pericolose, perché verrebbero prodotte in grandi quantità quando un tessuto cerca di rigenerarsi? Per assicurarsi che questo fosse vero (e per confermare i dati ottenuti a livello genetico), il gruppo guidato da Enrique Amaya ha misurato nei tessuti i livelli di perossido di idrogeno (una comune specie reattiva dell’ossigeno presente all’interno delle cellule) utilizzando una sonda fluorescente: con questo stratagemma gli scienziati hanno dimostrato che i livelli di ROS aumentano in modo significativo quando la coda dei girini viene amputata. Fatto ancora più interessante, le ROS rimangono presenti ad alte concentrazioni per tutta la durata della rigenerazione del tessuto.
Per dimostrare che la presenza di ROS è fondamentale al processo di rigenerazione, i ricercatori hanno poi svolto gli esperimenti in condizioni che limitano la formazione di specie reattive dell’ossigeno. In presenza di anti-ossidanti, ad esempio, il processo di rigenerazione è fallito e la coda del girino non è ricresciuta: la prova del nove di come la presenza di ROS sia indispensabile per iniziare e sostenere la rigenerazione dei tessuti danneggiati.
«É stato sorprendente vedere come gli antiossidanti avessero nel nostro studio un effetto tanto negativo sulla ricrescita dei tessuti», commenta Enrique Amaya. Tanto più sorprendente quanto più pensiamo al fatto che, ad oggi, gli anti-ossidanti si ritiene abbiano un impatto positivo sulla salute. Questo studio sembra quindi spingere verso un cambiamento radicale nel modo in cui guardiamo a ROS e anti-ossidanti: come accade spesso in biologia, non è più una semplice questione di “buoni” (gli anti-ossidanti) contro i “cattivi” (le specie reattive dell’ossigeno). Il quadro sembrerebbe più complesso e in futuro dovremo forse abituarci a pensare, anche nel caso degli anti-ossidanti, al rapporto tra aspetti benefici e negativi.
Il lato buono dei radicali liberi
Ma questo è solo il primo passo per comprendere il “lato buono” dei radicali liberi. Perché la scoperta possa avere una ricaduta sulla medicina rigenerativa, i risultati del gruppo di Amaya dovranno prima essere verificati nell’uomo. Impresa non facile, visto che i nostri tessuti hanno capacità rigenerative molto più limitate rispetto a quelle degli anfibi. Indipendentemente dall’impatto che questi esperimenti avranno sulla salute umana, lo studio condotto allo Healing Foundation Centre rappresenta però un importate prova di principio e dimostra che in natura non esistono “buoni” e “cattivi”, ma esistono – questo sì – forze o processi che possono, a seconda dei casi, spingere in direzioni diverse. Il processo finale allora non è che il rapporto tra le due forze e se il risultato netto sarà positivo o negativo dipende in gran parte dal contesto in cui si attua.