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Il mistero dell’acqua scomparsa sui pianeti extrasolari

Studiando le atmosfere di dieci pianeti extrasolari delle dimensioni di Giove, gli astronomi hanno scoperto perché alcuni di questi mondi lontani sembrano insolitamente poveri di acqua.
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I telescopi spaziali Hubble (NASA/ESA) e Spitzer (NASA) hanno consentito agli astronomi di analizzare in dettaglio le atmosfere di dieci pianeti extrasolari caldi delle dimensioni di Giove. Si tratta del più ampio studio comparativo mai condotto su questi pianeti, che si è guadagnato la pubblicazione su Nature. Il team è riuscito a scoprire il motivo per cui alcuni di questi mondi sembrano avere meno acqua del previsto, un mistero di lunga data.  

I pianeti gioviani caldi

Fino ad oggi, gli astronomi hanno scoperto circa 2000 pianeti in orbita attorno ad altre stelle. Alcuni di questi sono noti come pianeti gioviani caldi, ovvero pianeti gassosi con caratteristiche simili a quelle di Giove. Orbitano molto vicino alle loro stelle, la cui luce intensa, oltre a scaldarne la superficie, li rende difficili da osservare e studiare. Solo una manciata di queste atmosfere planetarie sono state esplorate da Hubble in passato, in una gamma limitata di lunghezze d’onda, e solo tre finora erano note in dettaglio. In alcuni casi, l’atmosfera era risultata insolitamente povera di acqua. Ora, il team internazionale ha esaminato e confrontando dieci di questi pianeti nel tentativo di svelare i segreti della loro atmosfera. Ne è derivato il più grande catalogo spettroscopico mai realizzato delle atmosfere dei pianeti extrasolari.
 Una ricostruzione artistica dei dieci esopianeti gioviani caldi oggetto dello studio. Da sinistra a destra e dall’alto in basso: WASP-12b, WASP-6b, WASP-31b, WASP-39b, HD 189733b, HAT-P-12b, WASP-17b, WASP-19b, HAT-P-1b e HD 209458b (immagine: ESA/Hubble & NASA)
 

Atmosfere molto diverse

Combinando la potenza di entrambi i telescopi il team ha potuto studiare i pianeti - che variano per massa, dimensioni e temperatura - in una gamma di lunghezze d’onda sufficiente per confrontarne le caratteristiche (dall’ultravioletto all’infrarosso medio). Si è scoperto così che le atmosfere planetarie sono molto più diversificate di quanto ci si aspettasse. Tutti questi pianeti extrasolari hanno un'orbita favorevole che li porta a posizionarsi tra la loro stella madre e la Terra. Quando un pianeta passa davanti alla sua stella, una parte della luce attraversa la sua atmosfera esterna, che lascia un’impronta digitale unica. Analizzandola, i ricercatori riescono a riconoscere le firme dei vari elementi che la compongono, tra cui l’acqua, e stabilire la presenza o meno di nuvole.  

Acqua sotto la nebbia

I modelli ottenuti dal team hanno rivelato che, se da una parte pianeti extrasolari in apparenza privi di nubi mostrano forti segnali della presenza di acqua, d’altra parte le atmosfere di quei pianeti gioviani caldi con deboli segnali di acqua contenevano anche nubi e foschia, in grado di mascherarne la presenza. Il mistero dell’acqua scomparsa, quindi, sembra risolto. «L’alternativa a questo modello è che i pianeti si formino in un ambiente privo di acqua, ma questo ci costringerebbe a ripensare completamente le nostre attuali teorie su come nascono i pianeti», ha spiegato il coautore dello studio Jonathan Fortney dell’Università della California a Santa Cruz. Lo studio dei pianeti extrasolari e delle loro atmosfere è solo agli inizi, e sarà il successore di Hubble, il James Webb Space Telescope, a continuare la caccia nell'infrarosso e a rivelare altri segreti.   Immagine banner in evidenza: Wikimedia Commons Immagine box in homepage: ESA/Hubble & NASA
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