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Il Nobel per la Medicina 2016 all'autofagia

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Il premio Nobel per la Medicina o Fisiologia 2016 va al giapponese Yoshinori Ohsumi, professore al Tokyo Institute of Technology, per le sue scoperte riguardanti il meccanismo dell'autofagia. Si tratta del trentanovesimo premio assegnato ad un solo scienziato e il quarto volato in terra nipponica. Nei due anni precedenti il premio era stato diviso tra ben tre vincitori. Lo scienziato giapponese è stato selezionato dall'assemblea per il Nobel tra 273 candidati. L’annuncio è stato dato alle 11:30 della mattina del 3 ottobre dal Karolinska Institute di Stoccolma.  

L'importanza del riciclo cellulare

L'autofagia, o autofagocitosi, è un processo biologico evolutivamente conservato che permette alle cellule eucariotiche di "riciclare" dei propri componenti danneggiati, obsoleti o semplicemente più utili in quel preciso momento ad altre funzioni cellulari. Proteine, macromolecole o interi organuli vengono inglobati all'interno del citoplasma in speciali vescicole che hanno il compito di trasportarli fino ai lisosomi, dei veri e proprio centri di riciclaggio cellulare. L'autofagia è di fondamentale importanza per la cellula nei momenti in cui manca il nutrimento e il riutilizzo di proprie parti non essenziali diventa l'unica fonte di energia, o quando serve "fare spazio" per nuovi componenti cellulari. L'autofagia, inoltre, ricopre un ruolo fondamentale anche nei meccanismi di difesa della cellula contro virus, batteri e altri microrganismi. Recentemente il malfunzionamento di questo meccanismo di pulizia cellulare è stato associato all'invecchiamento e a patologie come il cancro, il Parkinson e il diabete di tipo 2.  

Storia di una scoperta

L'autofagia è nota fin dagli anni '50 del secolo scorso. Va allo scienziato belga Christian de Duwe, anche lui vincitore del premio Nobel per la Medicina nel 1974, il merito della scoperta dei lisosomi, che gli è valsa proprio il prezioso riconoscimento. Qualche anno dopo, si osservò che all'interno dei lisosomi si potevano trovare anche interi organelli e che la cellula aveva tra le sue armi una vera e propria catena di vescicole atte a trasportare materiale dal citoplasma all'interno dei lisosomi. Fu lo stesso de Duwe a coniare il termine "autofagia" (dal greco, auto-mangiarsi) e a chiamare queste vescicole "autofagosomi".
Il meccanismo di autofagia di una cellula eucariotica. Gli autofagosomi inglobano al loro interno vari componenti cellulari e li veicolano verso i lisosomi, dove vengono degradati. (Immagine: The Nobel Foundation)
Per qualche decennio, tuttavia, il meccanismo e l'importanza di questo processo rimasero un mistero. Yoshinori Ohsumi pubblicò nel 1993 un lavoro che segnò una vera e propria svolta nella comprensione dell'importanza dell'autofagia, descrivendo la funzione di ben 15 geni coinvolti in questo processo nelle cellule di lievito. Nei lieviti, organismi modello semplici da studiare, la funzione dei lisosomi è svolta dai vacuoli. Come poter studiare l'autofagia nei lieviti? Bloccandola, pensò Ohsumi e la scelta si è rivelata presto vincente. Lo scienziato fu in grado di produrre ceppi di lieviti mutati nei quali i vacuoli non funzionavano (malfunzionamento visibile al microscopio grazie all'incredibile accumulo di autofagosomi nella cellula) e di individuare così i geni coinvolti nel processo. Il passo successivo fu quello di caratterizzare le proteine codificate da questi geni, cosa che permise a Ohsumi di "fotografare" e spiegare l'intera cascata biologica alla base dell'autofagia.
 

Un processo fondamentale

L'aver posato le basi per la comprensione di questo meccanismo, rivelatosi di fondamentale importanza anche nelle cellule umane, è valso a Yoshinori Ohsumi il premio Nobel per la Medicina 2016. Oggi sappiamo che l'autofagia è il meccanismo attraverso il quale le cellule rispondono a situazioni di stress, di carenza di "cibo" e alle infezioni, ma che è anche coinvolta nello sviluppo embrionale, nella differenziazione cellulare e che il suo malfunzionamento è alla base di diverse patologie. Proprio verso su quest'ultimo fronte si sono indirizzate le ricerche più recenti con l'obiettivo di sviluppare nuovi target terapeutici.

 
Ulteriori approfondimenti sono disponibili (in inglese) sul sito www.nobelprize.org
  -- Immagine box e immagine apertura: The Nobel Foundation
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