L'infuenza (che sarà oggetto del prossimo speciale di archivioscienze) forse non porta soltanto i classici sintomi che conosciamo, ma potrebbe essere, in soggetti predisposti, l'anticamera dell'insorgenza del diabete di tipo I, come indicano alcuni studi portati avanti anche dal gruppo della virologa italiana Ilaria Capua dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro.
Le conseguenze dell’influenza forse non possono essere solo a carico dell'apparato respiratorio. Nuovi studi, a cui sta lavorando anche Ilaria Capua, virologa a capo del Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell’Istituto Sperimentale Zooprofilattico delle Venezie con sede a Legnaro (PD), già intervistata da archivioscienze, indicano che in alcuni casi il virus dell'influenza potrebbe non fermarsi ai classici distretti in cui normalmente trova alloggio e prolifera nauralmente, come naso, gola, bronchi e polmoni, ma potrebbe entrare nel circolo sanguigno. A partire dal sangue potrebbe poi trovare una nuova collocazione molto pericolosa: le cellule del pancreas.
Una volta arrivato nel pancreas, il virus contribuirebbe a creare una risposta immunitaria anomala e tale da spingere le cellule T del sistema immunitario a distruggere anche le cellule pancreatiche responsabili della produzione di insulina, cioè le cellule beta del Langherans. In poche parole si creerebbe una reazione autoimmune che in ultima analisi porterebbe al diabete di tipo I.
Il diabete è una malattia in cui la concentrazione del glucosio del sangue è alterata, a causa di mal funzionamento di alcuni meccanismi che regolano la presenza dello zucchero più importante per il metabolismo degli esseri umani nel circolo sanguigno.
L'insulina gioca un ruole essenziale nel metabolismo del glucosio: quando la concentrazione nel sangue di glucosio aumenta in seguito a un pasto, l'insulina sovrintende al suo "impacchettamento", favorendo la trasformazione in molecole più complesse come il glicogeno (nel fegato) e gli acidi grassi (nelle cellule adipose).
Per quanto la regolazione del glucosio nel sangue dipenda anche da altri ormoni con azione più o meno diretta, la distruzione delle cellule del Langherans e la mancata produzione di insulina è comunque un danno importante, che porta all'assunzione a vita di insulina esogena (ormai si usa da anni un'insulina frutto della prima ricerca farmaceutico-biotecnologica) tramite iniezioni intramuscolari.
La predisposizione al diabete di tipo I, chiamato anche "giovanile" perché insorge già in giovane età, è genetica e come in tutte le predisposizioni la malattia si innesca solo in presenza di co-fattori di vario genere. Che un virus potesse essere un "catalizzatore" del diabete di tipo I si sospettava già da tempo.
Ilaria Capua, come racconta un articolo sul New Scientist, aveva già osservato che tacchini influenzati riportavano anche danni pancreatici e sviluppo di diabete. Inoltre, aveva anche studiato che le cellule pancreatiche umane in vitro risultavano essere un ottimo luogo in cui ceppi di virus influenzali riuscivano a replicarsi proficuamente. La replicazione virale spingeva poi le cellule ospiti alla produzione di specifiche sostanze anti-infiammatorie, che erano risultate essere composti chiave nei meccanismi autoimmuni che favoriscono la comparsa del diabete di tipo I.
Ora il gruppo di Ilaria Capua si sta concentrando su studi che correlino la presenza pregressa di virus influenzali in pazienti che hanno sviluppato il diabete di tipo I recentemente.
Alcuni studi in Giappone e in Italia, conseguenti all’ondata dell'influenza del 2009, hanno già confermato la correlazione tra insorgenza del diabete in seguito ad allettamento per influenza. Una percentuale tutto sommato piccola ma da non sottovalutare, e che potrebbe aprire la strada alla vaccinazione per soggetti "a rischio", cioè predisposti geneticamente al diabete.