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Inversione dei poli magnetici: bastano 100 anni

Basta un secolo per fare impazzire una bussola: ecco come un gruppo di geologi è riuscito a studiare con precisione l'ultima inversione del campo magnetico terrestre.
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Gli scienziati non sanno ancora precisamente perché succede, ma il campo magnetico terrestre nella storia ha cambiato ripetutamente la sua polarità: seguendo quello che le nostre bussole ora indicano come Nord, un ipotetico viaggiatore nel tempo una volta si sarebbe trovato al vicino al polo Sud geografico, e viceversa. Il marchio dei croni Grazie a particolari rocce che conservano una sorta di impronta del campo magnetico in cui si sono formate, i geologi hanno potuto suddividere con grande precisione il tempo geologico in unità chiamate croni: quelli in cui il pianeta aveva un campo magnetico come quello attuale vengono detti normali, quelli con polarità scambiata sono invece croni inversi. Anche se la loro durata e distribuzione sembra essere casuale, sappiamo che i croni durano da un minimo di 50.000 anni a un massimo di 40 milioni di anni, e che il tempo stimato per le inversioni è di alcune migliaia di anni. L'unica eccezione sembrava essere l'evento di Laschamp: circa 41.000 anni, nell'arco di soli 250 anni, il campo magnetico si è invertito e così è rimasto per appena 440 anni, per poi tornare alla polarità normale, che da allora tale è rimasta. Una inversione brevissima Ora nuova ricerca pubblicata su Geophysical Journal International ha invece dimostrato che il passaggio da crone a un altro può durare appena un secolo. Un gruppo internazionale di scienziati, guidato dai ricercatori italiani Leornardo Sagnotti, Giancarlo Scardia e Biagio Giaccio del Laboratorio di Paleomagnetismo dell'INGV, ha studiato particolari sedimenti che si sono depositati durante l'ultima inversione (non considerando l'evento di Laschamp), avvenuta quasi 800.000 anni fa. Questi depositi, formatisi nell'antico bacino lacustre di Sulmona, hanno la particolarità di essere intervallati da ceneri vulcaniche: mentre i ricercatori INGV misuravano le proprietà magnetiche dei sedimenti lacustri, identificando lo strato che aveva "registrato" l'inversione, Courtney Sprain e Paul Renne (University of California a Berkeley, USA) datavano col metodo del potassio-argon le ceneri che si erano depositate immediatamente prima e immediatamente dopo. Integrando queste informazioni, gli scienziati sono riusciti non non solo a determinare quando è avvenuto il cambio di polarità con una precisione senza precedenti (786.000 anni fa), ma anche a stabilire che il processo è durato appena un centinaio d'anni, che oggi sono paragonabili alla durata di una vita umana. Stiamo parlando di un solo crone, e per ora nulla fa pensare che la prossima inversione sia dietro l'angolo, ma  ipoteticamente che cosa succederebbe, oggi, se si invertisse la polarità del campo magnetico terrestre? Si pensa che durante l'inversione il campo magnetico si indebolisca e arrivi a scomparire temporaneamente, e questo lascerebbe teoricamente via libera a radiazioni cosmiche in grado di danneggiare il DNA. Tuttavia i paleontologi non sono riusciti a trovare alcun indizio che le inversioni del passato abbiano influito significativamente sulla biosfera. Quel che invece è certo è che i nostri attuali sistemi di comunicazione e di distribuzione dell'energia potrebbero danneggiarsi, e che naturalmente dovremmo imparare daccapo a leggere la bussola...
Da destra a sinistra, Biagio Giaccio, Gianluca Sottili, Courtney Sprain e Sebastien Nomade. Sottili e Sprain stanno indicando il sottile strato di sedimento che ha registrato l'ultima, rapidissima, inversione di polarità. Immagine: Paul Renne via UC Berkeley Newscenter
Immagine box: Jaypee via Wikimedia Commons Immagine banner in apertura: NASA
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