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Katherine Johnson e le donne dello Spazio

Matematiche, ingegnere, astronaute che hanno fatto la storia dell’esplorazione spaziale tra successi e pregiudizi di genere

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Nonostante i pregiudizi e le discriminazioni, le donne hanno avuto ruoli cruciali nell’avanzamento dell’esplorazione dello spazio, sia come matematiche e ingegnere sia come specialiste di missione e comandanti.

Un ruolo importante lo ebbero le matematiche assunte a partire dal 1952 dal dipartimento di navigazione e controllo della NACA di Langley, che all’epoca si occupava di aeronautica. La segregazione inizialmente era doppia: le donne nere lavoravano in un ufficio diverso dalle donne bianche e queste ultime a loro volta erano separate dai matematici e dagli ingegneri. Tra le matematiche nere della NACA c’erano Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, che nel 2016 sono state ritratte nel film “Il diritto di contare” (Hidden Figures). Nel 1958 la NACA fu trasformata in NASA e le matematiche furono assegnate a fare calcoli per i primi satelliti americani.

Nel 1961 Katherine Johnson calcolò a mano la traiettoria del primo americano in orbita, Alan Shepard, per garantirgli un rientro sicuro. L’anno dopo la NASA mandò il primo astronauta americano a fare un’orbita completa intorno alla Terra, John Glenn, un anno dopo il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. Il calcolo della traiettoria era di ordini di grandezza più complicato di quello di Shepard e ormai la NASA usava i calcolatori elettronici, ma Glenn non si fidava molto dei primi calcolatori, che erano soggetti a frequenti errori, e chiese che i calcoli venissero controllati da Katherine Johnson. “Se lei dice che i numeri vanno bene”, dichiarò Glenn, “sono pronto a partire”. Katherine Johnson verificò la traiettoria e diede il via libera. Il volo di Glenn fu un successo e segnò una svolta nella competizione con l’Unione Sovietica.

Katherine Johnson fece anche i calcoli che nel 1969 permisero di sincronizzare il modulo dell’Apollo 11 che doveva ripartire dalla Luna con quello rimasto in orbita e di portare a compimento la missione di Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Nel 1970 collaborò alla missione Apollo 13 e contribuì a calcolare la traiettoria di emergenza che permise di riportare sulla Terra sano e salvo l’equipaggio nonostante l’esplosione nel modulo di servizio.

Tra le colleghe di Katherine Johnson c’era Mary Jackson, che nel 1953 iniziò a lavorare presso la galleria del vento supersonica della NACA. Per potersi laureare in ingegneria Mary Jackson ottenne un permesso speciale per frequentare corsi di matematica e fisica dell’Università della Virginia, e nel 1958 diventò la prima ingegnera nera della NASA. Vent’anni dopo diventò la manager incaricata di guidare l’assunzione e la promozione delle donne alla NASA. Andò in pensione nel 1985 e nel 2020 la NASA diede il nome “Mary Jackson” al proprio quartier generale di Washington.

Il gruppo di “computer umani” di cui facevano parte Katherine Johnson e Mary Jackson era guidato da Dorothy Vaughan, che in qualità di loro responsabile fu la prima manager nera della NASA. Era lei stessa una matematica e un’esperta del linguaggio di programmazione Fortran.

Se gli statunitensi affidavano alle donne calcoli fondamentali per i loro primi voli spaziali, i sovietici furono i primi a far entrare le donne negli equipaggi. La prima donna nello spazio fu infatti la russa Valentina Tereshkova, che volò nel 1963, solo due anni dopo Jurij Gagarin. Operaia in una fabbrica di filo da cucire, nel 1962 superò insieme ad altre donne l’esame di selezione per le prime cosmonaute e fu l’unica del gruppo a volare effettivamente nello spazio. La sua impresa fu di ispirazione per il movimento delle donne in tutto il mondo. Conseguì inoltre una laurea e un dottorato in ingegneria e fu attiva in politica e come istruttrice di cosmonauti.

La prima donna americana nello spazio volò ben vent’anni dopo Valentina Tereshkova: si trattava di Sally Ride, che fece parte dell’equipaggio dello Space Shuttle nel 1983 e nel 1984. La sua carriera fu interrotta nel 1986 dalla tragica esplosione dello Space Shuttle Challenger (lo stesso sul quale aveva volato lei) e proprio Sally Ride fece parte delle commissioni che indagarono sulla tragedia del Challenger e molti anni dopo sull’esplosione di un altro Space Shuttle, il Columbia.

Sally Ride fu seguita da molte altre astronaute, che ebbero ruoli sempre più importanti: Eileen M. Collins fu la prima donna pilota dello Shuttle, nel 1995, e la prima donna comandante dello Shuttle, nel 1999. Nel 1997 svolse anche una missione sulla stazione spaziale russa Mir. La prima donna comandante della Stazione Spaziale Internazionale fu Peggy Whitson, che ebbe questo incarico due volte. Le sue tre missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale le valgono diversi record, tra i quali il record americano della più lunga permanenza nello spazio con 665 giorni.

Anche il programma di astronomia spaziale della NASA è stato creato da una donna, Nancy Roman, che fu la prima astronoma capa dell’agenzia. Era nota come la “mamma di Hubble” per il suo lavoro dedicato a realizzare il telescopio spaziale.

Ricordiamo infine la prima italiana nello spazio: Samantha Cristoforetti, ingegnera ed ex pilota militare. È la donna europea con la più lunga permanenza ininterrotta nello spazio e nel 2022 sarà comandante della ISS.

In questo articolo, Pietro Bassi ha recensito due libri che parlano del ruolo delle donne nella scienza e in particolare delle protagoniste dell’esplorazione spaziale.

Nell'immagine di copertina Katherine Johnson fotografata alla sua scrivania al NASA Langley Research Center nel 1962. (immagine: NASA Langley Research Center)