Aula di Scienze

Aula di Scienze

Persone, storie e dati per capire il mondo

Speciali di Scienze
Materie
Biologia
Chimica
Fisica
Matematica
Scienze della Terra
Tecnologia
I blog
Sezioni
Come te lo spiego
Science News
Podcast
Interviste
Video
Animazioni
L'esperto di matematica
L'esperto di fisica
L'esperto di chimica
Chi siamo
Cerca
Science News

Kepler-22b? Un posto invivibile!

Brutte notizie per Kepler-22b. Dichiarato appena un anno fa il pianeta con le caratteristiche migliori per ospitare la vita tra quelli scoperti al di fuori del Sistema Solare, oggi rischia già di diventare un esopianeta qualunque
leggi
Brutte notizie per Kepler-22b. Dichiarato appena un anno fa il pianeta con le caratteristiche migliori per ospitare la vita tra quelli scoperti al di fuori del Sistema Solare, oggi rischia già di diventare un esopianeta qualunque.
 
Tutta colpa della ridefinizione della zona di abitabilità, la regione di spazio intorno a una stella all’interno della quale, almeno in linea teorica, l’acqua può trovarsi allo stato liquido. In base alla nuova definizione proposta da un gruppo di astronomi della Penn State University, e apparsa recentemente in un articolo pubblicato su arXiv.org, Kepler-22b non è più la destinazione ideale per fare una gita spaziale fuori porta. Ed è in ottima compagnia. Perché tra i pianeti dichiarati inospitali alla vita è finita incredibilmente anche la Terra.

Un'immagine della Terra (Immagine: NASA)

 
Abitabile? Questione di definizioni
La zona di Goldilocks, come viene anche chiamata la zona di abitabilità, è una corona sferica immaginaria che, in linea di principio, circonda ogni stella dell’universo. Se fossimo in grado di sistemare una stella al centro di un’arancia, la zona di abitabilità di quella stella sarebbe la buccia dell'arancia: se un pianeta si trovasse all’interno, immerso nella polpa, sulla sua superficie farebbe troppo caldo; se invece orbitasse esternamente alla buccia, farebbe troppo freddo. Troppo caldo o troppo freddo perché l’acqua possa mantenersi allo stato liquido, requisito fondamentale per lo sviluppo della vita.
Per stabilire quanto debba valere il raggio dello spicchio di questa “arancia cosmica” e lo spessore della sua buccia, gli scienziati devono tenere in considerazione tre fattori: la luminosità e la temperatura della stella e il tasso di assorbimento del calore da parte dell’atmosfera di un pianeta. «I criteri con i quali sono state definite le zone di abitabilità sono però vecchi di vent’anni», afferma Ravi Kopparapu, autore dello studio, «e negli ultimi anni la nostra conoscenza sui meccanismi di assorbimento della luce da parte dell’acqua e dell’anidride carbonica ci ha riservato diverse sorprese». Sorprese che hanno condotto Kopparapu e colleghi a ridefinire i criteri di valutazione delle zone di abitabilità. Così, se in base ai nuovi standard molti pianeti considerati troppo freddi sono stati promossi ad abitabili, per Kepler-22b non c’è stato scampo: sulla sua superficie farebbe troppo caldo.
 
Di Terra ce n'è una sola
L’aspetto paradossale di tutta questa storia è che secondo le nuove definizioni proposte dal team di scienziati statunitense la Terra risulterebbe un pianeta non adatto alla vita, perché verrebbe a trovarsi qualche milione di kilometri all’interno della zona di abitabilità del Sole. Troppo caldo, insomma, proprio come Kepler-22b. Non occorre certamente essere uno scienziato per capire che la cosa non abbia senso e dalle parti della Penn State University fanno opportunamente sapere che la fantomatica zona di Goldilocks non è il parametro definitivo per definire un pianeta abitabile. Ruoli chiave sono interpretati infatti dalle nubi, dall’attività vulcanica del pianeta, dalla presenza e dal numero delle sue lune, dal numero dei pianeti presenti nel sistema stellare di cui il pianeta fa parte. È evidente dunque che rispetto a questi ultimi requisiti la Terra non tema ancora confronti. In ogni caso, come ha affermato Rory Barnes, cacciatore di esopianeti dell’Università di Washington, «i criteri promossi dal gruppo di Kopparapu saranno fondamentali per giudicare se un pianeta esterno al Sistema solare, del quale non conosciamo l’atmosfera, la composizione e l’attività della superficie, sia un buon candidato per ospitare la vita».

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento