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Una pagina del manoscritto Bakhshali (Foto: Bodleian Libraries, University of Oxford)
Quando è nato lo zero?
Per i matematici, risalire al momento della nascita dello zero è da sempre uno degli interrogativi più intriganti, ma anche un bel grattacapo. Sia i Maya sia i Babilonesi facevano uso di simboli per indicare il “niente”, ma quando è nato di preciso lo 0, il simbolo che ancora oggi usiamo? In origine, l’uso dello zero sembra sia stato soprattutto una questione di posizione: nel numero 201, per esempio, serve qualcosa che indichi che non ci sono decine. Nell'antichità, i calcoli erano prima di tutto un supporto per i mercanti e lasciare vuota la posizione delle decine avrebbe portato a pericolosi fraintendimenti. Ecco quindi che nasce l’idea di un “segnaposto”, un simbolo che semplicemente tenga occupata la posizione delle unità, delle decine ecc. Fino a oggi, il più antico uso dello zero in questa forma compariva in un tempio indiano del IX secolo a Gwalior. Tuttavia, i recenti studi di radiodatazione sul manoscritto Bakhshali spostano la data di nascita dello zero indietro di circa mezzo millennio: uno scarto temporale che potrebbe riscrivere la storia della matematica.Una selva di zeri nascosti nel manoscritto Bakhshali
L’antico manoscritto Bakhshali ha un passato avvincente: nel 1881 fu ritrovato da un contadino nel villaggio di Bakhshali, vicino al Peshawar, una regione dell’odierno Pakistan. Acquisito dalla Bodleian Library in 1902, il manoscritto è rimasto indisturbato fino a quando Marcus du Sautoy, professore di matematica all’Università di Oxford, ha posato gli occhi sulle sue fragili pagine di corteccia di betulla: 70 frammenti di conti matematici, forse pensati per aiutare i mercanti dell’epoca a risolvere problemi pratici. Ma l’aspetto interessante è un altro: inframmezzati ai numeri fa la sua comparsa un simbolo nuovo: un cerchietto pieno, ovvero lo zero.![](https://ieb-assets.s3-eu-west-1.amazonaws.com/files/wp_aulascienze/2017/09/Zero_News2.png)
Le 70 fragili pagine del manoscritto sono state rilegate in un volume: entrambi i lati di ogni frammento sono visibili attraverso una finestra trasparente (Foto: Bodleian Libraries, University of Oxford).
Il manoscritto contiene centinaia di questi cerchietti, una selva di zeri che non ha lasciato indifferente Marcus du Sautoy. Dopo alcune resistenze iniziali - dovute al fatto che si tratta di un reperto unico e prezioso - du Sautoy è riuscito a convincere i ricercatori dell’Università di Oxford a prelevare alcuni campioni per la radiodatazione al carbonio.
I risultati hanno sorpreso tutti: per prima cosa, quello che si pensava essere un manoscritto unico, è in realtà l'unione di frammenti che provengono da tre epoche diverse. E poi, il risultato più sbalorditivo: i frammenti più antichi in cui compaiono i cerchietti dello zero sono di quasi 500 anni più antichi del tempio di Gwalior e risalgono al III - IV secolo.
Dal un cerchietto pieno a un contorno che circoscrive il nulla
Rimane ancora da capire quando lo zero, da semplice segnaposto, sia diventato un numero a tutti gli effetti e sia entrato a far parte di calcoli ed equazioni: progetti come Zerorigindia mirano a scoprirlo. Ma questo non attenua il valore del manoscritto di Bakhshali, che dimostra il fermento culturale che animava il subcontinente indiano fin dal III secolo: è lì che si crearono le condizioni adatte per la nascita di un piccolo cerchietto pieno che nel tempo andrà svuotandosi, lasciando lo zero che conosciamo oggi: un sottile contorno che circoscrive il nulla. Un momento rivoluzionario nella storia della matematica, perché è domando il nulla che lo zero ha aperto la strada al calcolo moderno e allo studio della fisica. -- Immagine Banner e Box: Bodleian Libraries, University of Oxford![Zero_News](https://ieb-assets.s3-eu-west-1.amazonaws.com/files/cache/wp_aulascienze/2017/09/ms.sansk_d.14_16v-e1506769380513.jpg/ms.sansk_d.14_16v-e1506769380513_960x0_cd5e4922386b7f98562b1b1f25a71fe6.jpg)
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