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L'abominevole comparsa dei fiori

Uno studio sulla Welwitschia mirabilis, una gimnosperma primitiva, fa luce sulla comparsa dei fiori nelle angiosperme.
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In una lettera del 1879, Charles Darwin definì un "abominevole mistero" l’origine e la rapida diversificazione delle piante con fiori, le Angiosperme. Nella documentazione fossile, infatti, i fiori sembravano comparire all'improvviso, creando non pochi grattacapi agli scienziati dell'epoca. Nonostante il fondamentale contributo della genetica, ancora oggi molti interrogativi restano aperti. Uno studio pubblicato sulla rivista New Phytologist fornisce però nuovi indizi. Oggi le angiosperme sono le piante dominanti, con 300 000 specie erbacee, arboree, arbustive e lianose, tra cui quasi tutte quelle coltivate per scopi alimentari o ornamentali. La loro evoluzione è relativamente recente. Le prime piante colonizzarono le terre emerse 400 milioni di anni fa, ma bisogna attendere il Giurassico, quasi 200 milioni di anni fa, per trovare i primi fiori, piccoli e molto modesti. Da allora però, le Angiosperme hanno conosciuto uno straordinario successo, diversificandosi in una miriade di forme e instaurando vincenti sodalizi con funghi e animali.  

Il mistero dei fiori

Il fiore è senza dubbio la loro “invenzione” più riuscita. Il mistero della comparsa di questa appariscente struttura riproduttiva, nata per attrarre insetti e altri impollinatori con colori, forme e profumi seducenti, ha sempre affascinato biologi e naturalisti, prima e dopo Darwin. Il grande scienziato aveva a disposizione solo pochi fossili, risalenti ad appena 130 milioni di anni (Cretaceo), quando le angiosperme erano già in piena espansione. Dopo sei anni di congetture, riuscì solo a collocarne l’origine in un’isola o in un continente perduto dell’emisfero australe.
Amborella trichopoda è l'unico rappresentante della famiglia Amborellaceae, che risale a 130 milioni di anni fa. Endemica della Nuova Caledonia, è considerata alla base dell'albero filogenetico delle angiosperme (immagine: Wikimedia Commons)
  Per avere nuovi importanti indizi è stato fondamentale il contributo della genomica. Nel 2011, studi condotti nell’ambito dell’Ancestral Angiosperm Genome Project hanno evidenziato due eventi di duplicazione dell’intero genoma, o poliploidia, nelle antenate delle piante con semi e delle Angiosperme, rispettivamente 319 e 192 milioni di anni fa. Tra le piante prese in esame c’è Amborella trichopoda, di cui nel 2013 è stato sequenziato l’intero genoma grazie all’Amborella Genome Project.  

I vantaggi della poliploidia

Questa piccola pianta cespugliosa con minuscoli fiori color crema è endemica della Nuova Caledonia, un’isola dell’oceano Pacifico al largo dell’Australia. È la più primitiva pianta con fiori conosciuta, unica sopravvissuta di un’antica famiglia, un tempo molto più diffusa, che annovera le prime angiosperme. Il suo genoma conserva le prove dell’evento di duplicazione che, secondo alcuni scienziati, avrebbe favorito la comparsa dei fiori. Gran parte dei geni nati da eventi di poliploidia tende a perdersi, ma alcuni possono adottare nuove funzioni, come lo sviluppo degli organi fiorali, o assumere le funzioni di geni preesistenti. Forse, grazie al loro genoma ampliato, le angiosperme hanno potuto sviluppare un sistema di trasporto vascolare e strategie riproduttive più efficienti, riuscendo a sopravvivere a spaventosi cataclismi e a soppiantare le gimnosperme come flora dominante in molti biomi.  

Welwitschia, uno scrigno evolutivo

Il nuovo studio, condotto da ricercatori del CNRS francese, in collaborazione con il Kew Garden di Londra, aggiunge però un ulteriore tassello al puzzle dei fiori. Esaminando un’altra pianta molto primitiva, questa volta la gimnosperma Welwitschia mirabilis, che cresce anche per 2000 anni nei deserti della Namibia e dell’Angola, hanno fatto una scoperta sorprendente.
Una pianta di Welwitschia mirabilis e un dettaglio dei coni femminili. Questa gimnosperma di origini antichissime, endemica della Namibia e dell'Angola, possiede due grandi foglie nastriformi, che si sfilacciano e si seccano man mano che crescono (immagine: Wikimedia Commons)
  Come tutte le gimnosperme (tra cui le conifere), Welwitschia non ha fiori ma coni maschili e femminili. Nei coni maschili, tuttavia, sono stati trovati alcuni ovuli sterili e nettare, testimonianza di un tentativo fallito di inventare i fiori ermafroditi, tipici di molte angiosperme. Questi fiori contengono sia gli organi maschili (stami) sia quelli femminili (pistilli), circondati da petali e sepali; i semi delle angiosperme, inoltre, invece di essere nudi come nelle gimnosperme, si sviluppano nell’ovario, che fa parte del pistillo.  

Geni riciclati

Ma non è tutto. In questa singolare pianta, così come in alcune conifere, i ricercatori hanno trovato geni simili a quelli responsabili della formazione dei fiori, organizzati secondo la stessa gerarchia, in cui un gene attiva il gene successivo e così via. Se una simile cascata genica è presente in entrambi i gruppi, angiosperme e gimnosperme, significa che è stata ereditata da un antenato comune. In altre parole, le angiosperme, anziché inventarsi ex novo il meccanismo che porta alla formazione del fiore, l'avrebbero ereditato e riadattato alle nuove esigenze. Simili eventi di riciclaggio di geni e strutture sono molto frequenti nell’evoluzione. Per Darwin, che considerava i salti evolutivi una minaccia alla sua teoria di un’evoluzione graduale, sarebbe stata una notizia molto consolante. Di sicuro, avrebbe reso il mistero della comparsa dei fiori meno abominevole.   -- Immagine banner in evidenza: Wikimedia Commons Immagine box in homepage: Wikimedia Commons
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