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L'alba della domesticazione dei cereali

Gli antichi cacciatori-raccoglitori hanno cominciato a influenzare sistematicamente l’evoluzione delle colture a partire da trenta mila anni fa: dieci millenni prima di quanto si pensasse
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Grano, farro, orzo e riso sono stati cruciali per la storia umana. La domesticazione dei cereali risale a circa 8.000 anni fa. La raccolta sistematica, tuttavia, ne cambiò l’evoluzione molto prima, già a partire da 30.000 anni fa. Lo rivela una ricerca genetica condotta dall’Università di Warwick, in Gran Bretagna, e pubblicata su Philosophical Transactions of the Royal Society B.  

Dai ghiacci ai campi coltivati

Alla fine dell’ultima glaciazione, 12.000 anni fa, ci fu un aumento delle temperature medie di 4 °C nell’arco di 2.000 anni. Questo riscaldamento relativamente rapido portò a un optimum climatico che favorì la nascita dell’agricoltura. Con la fusione dei grandi ghiacciai, infatti, nuove terre potevano essere coltivate, e alcuni popoli nomadi cambiarono il proprio stile di vita diventando agricoltori stanziali.
La Mezzaluna Fertile, un'area del Medio Oriente in cui sono nate le prime civiltà agricole (immagine: Wikimedia Commons)
Le prime testimonianze di questa rivoluzione, datate tra 9.000 e 8.000 anni fa, provengono dalla Mezzaluna Fertile. In quest’area, che comprende la foce del Nilo e le valli dei fiumi Giordano, Tigri ed Eufrate, spesso definita la "culla della civiltà", i popoli del Neolitico sperimentarono le prime coltivazioni.  

Le prime colture

Le prime colture comprendevano cerali come farro, einkorn (progenitore del moderno frumento) e orzo, oltre a legumi come ceci, piselli e lenticchie. Sempre intorno a 9.000 anni fa in Cina, lungo la valle dello Yangtze, si cominciò a coltivare un altro cereale di fondamentale importanza, il riso.
Il Triticum monococcum, volgarmente chiamato piccolo farro, cresce spontaneo nell'area della Mezzaluna Fertile. È considerato il primo cereale addomesticato dall'uomo, intorno a 8.000 anni fa (Immagine: Wikimedia Commons)
La pressione selettiva su queste piante da parte dei cacciatori-raccoglitori, tuttavia, ha lasciato tracce nel loro genoma ben prima della loro domesticazione. In qualche caso già a partire da 30.000 anni fa, secondo il nuovo studio. Per ricostruire la storia evolutiva delle antiche colture, i ricercatori hanno analizzando le frequenze genetiche estratte dai semi rinvenuti in vari siti archeologici.  

Gli effetti della pressione selettiva

Le piante selvatiche contengono un gene che le rende capaci di diffondere ampiamente i loro semi. La raccolta su larga scala da parte dei nostri antenati ha interferito con la naturale dispersione. A un certo punto, infatti, questo gene mutò consentendo alle piante di conservare i propri semi invece di diffonderli. Era il primo notevole effetto dell’adattamento all’ambiente umano, e quindi all’agricoltura. A Tell Qaramel, un celebre sito archeologico a 25 kilometri da Aleppo, in Siria settentrionale, le tracce dell’influenza umana sulla genetica dell’einkorn risalgono a ben 30.000 anni fa. In Asia sud-occidentale, il farro è stato modificato 25.000 anni fa e l’orzo oltre 20.000 anni fa. L’impatto sull’evoluzione del riso nel Sud, nell’Est e nel Sud-Est asiatico, invece, è più recente, e risale a circa 13.000 anni fa.
Il professor Robin Allaby in un campo di orzo (Immagine: Università di Warwick)
I ricercatori hanno osservato che i cambiamenti più significativi sono avvenuti circa 8.000 anni fa e coincidono con la domesticazione di queste colture. In quell’epoca, infatti, si è diffusa la tecnologia agricola della falce. Anche questo tipo di selezione, però, si è modificata nel corso del tempo, guidata dai progressi nelle tecniche di coltivazione.  

Le implicazioni dello studio

Lo studio inglese ha varie implicazioni. Prima di tutto retrodata di 10.000 anni l’inizio della pressione selettiva umana su queste piante rispetto a quanto comunemente accettato. In piena era glaciale, un periodo non certo favorevole all’agricoltura, esistevano popolazioni dedite alla raccolta intensiva dei cereali. Ed erano abbastanza numerose da cambiarne il corso evolutivo. In secondo luogo, come ha ricordato Robin Allaby, primo autore dello studio, la ricerca «cambia i termini del dibattito sulle origini dell’agricoltura, dimostrando che i processi naturali a lungo termine sembrano portare alla domesticazione e mettendoci al pari del mondo naturale, dove abbiamo specie come le formiche che coltivano funghi». In effetti, è a questi insetti che andrebbe riconosciuta l’invenzione dell’agricoltura.   -- Immagine banner in evidenza: Università di Warwick Immagine box in homepage: Wikimedia Commons
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