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L’albero della vita è dominato dai batteri

L’albero della vita si è arricchito negli ultimi decenni di migliaia di nuove specie di microbi, che costituiscono quasi i due terzi di tutta la biodiversità della Terra.
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L’albero della vita o albero filogenetico è un diagramma che rappresenta la varietà e l’evoluzione della vita sulla Terra a partire da un antenato comune. Il primo a immaginarlo fu Charles Darwin, che nel 1837 lo tratteggiò su un suo taccuino. Da allora è stato ripetutamente modificato, acquisendo nuove branche principali e ramificazioni secondarie, man mano che le nuove scoperte ne complicavano o stravolgevano la struttura. Le punte dei rami rappresentano gli organismi attuali, mentre le biforcazioni indicano le separazioni evolutive, tanto più antiche quanto più si trovano vicine al tronco.
La pagina del taccuino in cui Darwin, nel 1837, abbozzò il primo schizzo di un albero della vita (Immagine: Wikimedia Commons)  

A caccia di microbi

L’ultima versione dell'albero, apparsa lo scorso 11 aprile sulla rivista Nature Microbiology, è stata proposta da ricercatori dell’Università della California a Berkeley. Negli ultimi 15 anni hanno setacciato ambienti molto diversi alla ricerca di nuove specie di microbi: dai geyser di Yellowstone alle pianure salate del deserto di Atacama, dal terreno di un prato in California al sottosuolo giapponese, e perfino l'interno della bocca dei delfini. Il loro bottino comprende oltre mille nuovi tipi di batteri e archei (o archebatteri, procarioti diversi dai batteri che vivono in ambienti estremi, come le sorgenti idrotermali o le pozze acide delle miniere) che ora hanno trovato posto nell’albero della vita.
Una sorgente idrotermale nello Yellowstone National Park, uno dei luoghi in cui i ricercatori sono andati a caccia di nuovi microrganismi (Immagine: pixabay)
Il dato più interessante è che tutti questi nuovi microrganismi (1.011 per l'esattezza) sono stati identificati solo dai loro genomi. Molti microbi infatti non possono essere isolati e coltivati in laboratorio perché non conducono vita libera, ma si sono specializzati diventando parassiti, simbionti o spazzini. A partire dal 1995, però, lo sviluppo della genomica ha consentito ai ricercatori di raccogliere frammenti di DNA direttamente sul campo, ricostruire le sequenze genomiche e confrontarle con quelle archiviate nei database. Questo approccio è chiamato metagenomica.  

Un albero a tre domini

Per costruire il nuovo albero della vita i ricercatori hanno confrontato le sequenze di 16 proteine ribosomiali appartenenti a 3.083 organismi, che rappresentano tutti i generi per cui è disponibile un genoma completo e di alta qualità. Sono stati esaminati tutti e tre i domini in cui oggi vengono suddivisi i viventi, introdotti nel 1990 dal microbiologo Carl Woese: Bacteria (i batteri), Archaea (gli archei) ed Eukarya (gli eucarioti, che includono tutte le piante e gli animali).
L'albero filogenetico (di tipo radicato) proposto da Carl Woese nel 1990, che suddivide i viventi in tre domini e mostra le parentele evolutive tra i diversi gruppi (immagine: Wikimedia Commons)  

Spuntano nuovi rami

Il risultato rafforza ancora una volta l’idea che la vita che vediamo intorno a noi, dominata da piante, animali, esseri umani e altri eucarioti rappresenta in realtà solo una piccola percentuale della biodiversità terrestre. Il  nuovo albero, più simile a un ventaglio, mostra infatti che oltre due terzi della biodiversità totale è costituita da batteri (nella parte alta), mentre archei ed eucarioti (in basso a destra) occupano meno di un terzo. Un aspetto sorprendente è che circa la metà dei batteri sembra composta da un gruppo di simbionti non coltivabili e poco conosciuti, descritto come “candidate phyla radiation” (sulla destra e in colore viola), ancora in attesa di una propria collocazione tassonomica.
Il nuovo albero della vita proposto dai ricercatori dell'Università della California. Si tratta di un albero non radicato, che non mostra cioè le distanze evolutive tra gli organismi ma solo le relazioni genetiche (immagine: Nature)
La scoperta di questa incredibile diversità batterica non solo rivoluziona le nostre conoscenze di microbiologia, ma avrà sicuramente un impatto profondo su tutta la biologia. Jill Banfield, che insegna all’Università di Berkeley e ha firmato lo studio, ha dichiarato: “La nuova rappresentazione sarà utile non solo per i biologi che studiano l’ecologia microbica, ma anche per i biochimici alla ricerca di nuovi geni e i ricercatori che studiano l’evoluzione e la storia della Terra”.   Immagine banner in evidenza: flickr Immagine box in homepage: Graphic by Zosia Rostomian, Lawrence Berkeley National Laboratory
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