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Le piante hanno un unico sensore per luce e temperatura

Studiando i recettori della luce nelle piante, i ricercatori hanno scoperto in modo fortuito che fungono anche da sensori di temperatura. Una scoperta che potrebbe consentire di progettare varietà di colture in grado di fronteggiare meglio il riscaldamento globale.
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Scienziati dell’Università di Buenos Aires e della Washington University di St. Louis sono i nuovi protagonisti di un tipico caso di serendipità. Studiando piante mutanti di Arabidopsis (una noto organismo modello), hanno infatti scoperto, in modo del tutto casuale, che i recettori della luce nelle piante rispondono anche alla temperatura. Una scoperta importante quanto inattesa che si è guadagnata la pubblicazione su Science. Di solito infatti i recettori sensoriali sono super specializzati e reagiscono soltanto a un particolare stimolo.  

I fitocromi

Le piante contengono proteine sensibili alla luce dette fitocromi, che cambiano forma quando assorbono luce, proprio come fanno i fotopigmenti nell’occhio umano. Esistono in particolare tre principali fotorecettori per la luce rossa, i fitocromi A, B e C. I ricercatori hanno creato una serie di piante mutanti di Arabidopsis con il fitocromo B più o meno sensibile alla luce, per testare la loro capacità di crescita in condizioni ambientali diverse. Il fitocromo reagisce alla luce passando dalla forma Pr (Phytochrome Red) alla forma Pfr (Phytochrome Far-red). La forma Pr del fitocromo è più efficiente nell’assorbire la luce rossa visibile (ha un picco a circa 660 nm), che è abbondante in pieno sole. Dopo averla assorbita, il fitocromo si converte allo stato Pfr, più sensibile all’infrarosso che domina in ombra (ha un picco a circa 730 nm). Dopo un’esposizione alla luce infrarossa, Pfr ritorna alla forma Pr.
  
Un fitocromo è una molecola di pigmento (a colori) incastonata in una proteina (in grigio). È capace di cambiare la propria forma a seconda della quantità e del tipo di luce assorbita (Immagine: ESRF)
  Questo ingegnoso sistema è in grado non solo di rilevare il colore della luce (grazie allo shift Pr/Pfr) ma anche la sua intensità (codificata nella velocità con cui la molecola rimbalza da una forma all'altra). Tutti adattamenti molto utili per un seme che deve attendere il momento giusto per germinare, o per una piantina che deve crescere in altezza abbastanza da evitare l’ombra e ottenere più luce per la fotosintesi.  

La reversione termica

La forma Pfr però può essere convertita nella Pr non solo assorbendo luce infrarossa, ma anche con un processo chiamato reversione termica, che avviene in assenza di luce. Si credeva che la reversione termica funzionasse come una clessidra: appena cala il Sole, la clessidra comincia a correre, e Pfr si trasforma progressivamente in Pr. La quantità di Pfr rimasto alla fine della notte indica alla pianta la durata del periodo buio. Questo è importante perché la lunghezza della notte varia con la stagione, soprattutto lontano dall’equatore. Così, cambiamenti nella durata del giorno e della notte aiutano le piante a capire dove si trovano nel ciclo stagionale e a fiorire nel periodo giusto. Nessuno, però, è mai riuscito a testare l’idea che la reversione termica fosse una clessidra o un timer. Un indizio chiave è arrivato dai mutanti di Arabidopsis studiati dai ricercatori, che mostravano un tasso di reversione troppo rapido per dipendere soltanto da questo timer. L’unica spiegazione possibile, e finora insospettata, è quindi che il fitocromo B nelle piante normali sia sensibile in realtà anche alla temperatura.  

Un sensore con due funzioni

Pfr indica alle piante quando si trovano esposte alla luce: in queste condizioni la produzione di Pfr aumenta fino alla saturazione. Ma se la temperatura aumenta, subentra il meccanismo di reversione termica che rallenta la produzione di Pfr. I ricercatori hanno potuto osservare notevoli differenze nella crescita delle piante a diverse temperature: quelle che fanno un sacco di Pfr sono più basse, di colore verde intenso e di aspetto florido. Ma a temperature più elevate il Pfr si riduce e le piante rispondono come se si trovassero al buio (anche se sono alla luce) e crescono alte e sottili.  
Piante con fitocromo mutante crescono in modo diverso rispetto al wild type (tipo selvatico, WT, in alto a sinistra) a parità di condizioni. Uno studio sui mutanti ha rivelato che il fitocromo è un sensore sensibile sia alla luce sia alla temperatura (Immagine: Vierstra Lab)  
I ricercatori non sanno ancora se è solo il fitocromo B a rilevare la temperatura, o anche gli altri fitocromi. Lo testeranno nei prossimi esperimenti, in cui cercheranno di ottenere mutanti più o meno sensibili alla temperatura, modificando la loro reversione termica. Con applicazioni pratiche tutt’altro che trascurabili: la ricerca potrebbe infatti aiutare a progettare varietà di colture in grado di fronteggiare meglio il riscaldamento globale. Qualcuno si chiederà come mai questa scoperta abbia tardato tanto ad arrivare: il motivo è a dir poco banale. I fitocromi sono proteine incredibilmente instabili e presenti a bassissime concentrazioni: per purificarle evitando che si denaturino occorre lavorare quattro giorni al buio e… su ghiaccio. Per questa ragione nessuno finora si era accorto che agiscono anche come sensori di temperatura. ____ Immagine banner: Pixabay Immagine box: Vierstra Lab
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