Commercio e biodiversità si intrecciano
I ricercatori hanno analizzato la distribuzione geografica di 6.803 specie marine e terrestri, classificate come vulnerabili, a rischio o in via di estinzione secondo le definizioni dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN) e del BirdLife International. Per ognuna di esse, i due ricercatori hanno calcolato l'impronta ecologica dovuta alle attività umane, tracciando il "percorso" di produzione e consumo di oltre 15.000 prodotti industriali in 187 nazioni. Il risultato, pubblicato su Nature Ecology&Evolution, è una mappa integrata tra la rete del commercio mondiale e la distribuzione geografica delle specie a rischio. Le informazioni che ne possono derivare si spiegano da sole con alcuni esempiStati Uniti acchiappa-tutto, ma in buona compagnia
Tra le specie animali che vivono in America Centrale, la scimmia ragno viene considerata tra quelle più a rischio a causa della deforestazione, imputabile soprattutto alle industrie del caffè americane. Gli stessi Stati Uniti sono ritenuti responsabili di minacciare la biodiversità negli "hotspot" dell'Asia Centrale, del sud del Canada, dell'Europa meridionale del Messico e del Brasile, dove l'effetto americano è sentito non tanto nel bacino del Rio delle Amazzoni ma nella zona più meridionale del paese, dove i pascoli e l'agricoltura sono intensivi.
L'immagine rappresenta l'effetto sugli "hotspot" degli Stati Uniti in America Centrale (a) dell'Europa in Africa (b) e del Giappone in Asia (c). Le aree terrestri viola scuro e le zone marine gialle e verdi rappresentano le aree dove l'effetto antropico sulla biodiversità è maggiore. Immagine: Daniel Moran and Keiichiro Kanemoto