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Linneo, fai un po' di spazio...

Nell'era genomica possiamo ancora basarci solo sul sistema di classificazione varato dal Linneo, o dobbiamo cercare qualche aiuto nell'informatica?
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Dare un nome agli esseri viventi è un pilastro metodologico delle discipline biologiche. Con un sistema di nomenclatura e classificazione condiviso oggi gli scienziati riescono infatti a comunicare efficacemente tra loro, identificando non solo i diversi gruppi di organismi ma anche le più elementari relazioni evolutive che intercorrono tra di essi. Se ad esempio abbiamo due specie nello stesso genere, come Canis lupus (il lupo) e Canis aureus (lo sciacallo dorato), sappiamo già che i due canidi sono strettamente imparentati a livello evolutivo, sicuramente più degli altri al di fuori del genere Canis, ad esempio rispetto a tutte le "volpi", che sono inserite nel genere Vulpes. Nonostante gli upgrade derivati dalla teoria dell'evoluzione, questo sistema è ancora basato sulla nomenclatura binomia introdotta Carl Linnaeus (italianizzato Linneo) che ha pubblicato per la prima volta il suo Systema Naturae nel lontano 1735. Dare un nome e un cognome a ogni specie e organizzare i gruppi in modo gerarchico (un po' come le cartelle e le sottocartelle su un disco rigido) è infatti rimasta una strategia piuttosto funzionale. Con la genomica, tuttavia, secondo alcuni la complessità dei viventi sta diventando ingestibile e la nomenclatura binomia spesso non basta a comunicare efficacemente la diversità, specialmente sotto il rango di specie. Ma come potrebbe funzionare un nuovo metodo di nomenclatura e classificazione, se non alternativo almeno complementare a quello attuale? Un team di biologi e informatici si è spremuto le meningi e ha presentato sulla rivista Plos ONE i risultati. Secondo i ricercatori tutti gli organismi, siano essi animali, piante, funghi o procarioti possono, assieme ai virus (che però non sono viventi), essere "ordinati" assegnando un codice di 24 cifre basato sulle similarità tra i loro genomi. Il sistema funzionerebbe in questo modo: a un organismo, uno qualsiasi, col genoma sequenziato (G1) assegniamo un codice composto solo da 0. Poi il genoma del secondo organismo (G2) a essere classificato nel nostro sistema viene confrontato col primo: in base alla similarità, le cifre del nuovo codice cominceranno a cambiare. Arriva il genoma di un terzo organismo (G3): il codice viene assegnato automaticamente con lo stesso principio, evidenziando le differenze rispetto al più simile dei due genomi già classificati. E così via, grazie a una banca dati condivisa non diversa da quelle già esistenti e utilizzate ogni giorno dai ricercatori, sarebbe possibile, man mano che un nuovo organismo viene sequenziato, ottenere automaticamente il suo codice, univoco e universale, costruendo un nuovo standard trasversale ad accademie, industrie e istituzioni.
Schema di funzionamento del nuovo sistema di classificazione Immagine: Haitham Marakeby et al. PloS, 2014
Secondo gli autori è naturalmente cruciale definire bene le soglie di similarità tra le sequenze che le cifre nelle 24 posizioni del codice devono rispecchiare, in modo che il sistema riesca a evidenziare le differenze più significative, ma dalle prime prove condotte su alcune decine di batteri gli scienziati sono convinti che questo sistema, se implementato, potrebbe affiancare quello tradizionale, riempiendo efficacemente il sostanziale "vuoto normativo" che interessa i livelli inferiori alla specie. I vantaggi sarebbero appunto evidenti in particolare per il mondo dei procarioti, dove in assenza di una vera classificazione condivisa le migliaia di nuovi ceppi scoperti vengono oggi nominati in maniera pressoché arbitraria, senza che dai nomi emerga alcuna informazione sulla diversità all'interno di ogni gruppo. In apertura, una collezione di coleotteri del Museo di Melbourne (Australia). Immagine: Fir0002 via Wikimedia Commons Immagine box:  Haitham Marakeby et al. PloS, 2014
linneo hompage
Beetle_collection
journal.pone.0089142.g001

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