La comparsa degli enterobatteri
Uno studio condotto da ricercatori del MIT e di Harvard, pubblicato sulla rivista Cell, fa luce sulla loro origine, e può fornire preziose informazioni per combatterli. Secondo i ricercatori, il loro antenato comune risale a circa 450 milioni di anni fa, quando gli animali hanno cominciato a colonizzare le terre emerse. «Analizzando i genomi e i comportamenti degli enterococchi di oggi, siamo stati in grado di riavvolgere il nastro dell’evoluzione fino alla loro comparsa, e di ottenere un quadro di come questi organismi sono stati modellati per diventare ciò che sono oggi», ha affermato Ashlee M. Earl, leader del Gruppo di Genomica Batterica presso il Broad Institute del MIT e di Harvard.
Una coltura di Enterobacter cloacae (immagine: Wikimedia Commons)
«Capire come l'ambiente porta a nuove proprietà potrebbe aiutarci a prevedere come i microbi si adattano all'uso di antibiotici, saponi antimicrobici, disinfettanti e altri prodotti destinati a controllare la loro diffusione», ha aggiunto.
La coevoluzione con gli animali
La storia dei superbatteri è la storia della vita sulla Terra. Comparsi quasi 4 miliardi di anni fa, hanno colonizzato dapprima i mari primordiali. Quando gli animali marini si sono evoluti e diversificati, a partire dalla cosiddetta esplosione Cambriana di 542 milioni di anni fa, i batteri hanno imparato a vivere dentro e su di loro.
Opabinia, un rappresentante della variegata e bizzarra fauna comparsa durante l'Esplosione del Cambriano, 540 milioni di anni fa (immagine: Wikimedia Commons)
Alcuni batteri proteggono e servono gli animali, come fanno ancora oggi i microbi simbionti che colonizzano il nostro intestino. Altri vivono nell'ambiente e altri ancora causano malattie. Quando i primi invertebrati sono usciti dall’acqua, circa 100 milioni di anni dopo, hanno portato con sé i loro microbi.
Gli autori dello studio hanno scoperto che tutte le specie di enterococchi, inclusi quelli che non sono mai stati trovati negli ospedali, sono naturalmente resistenti a disidratazione, fame, disinfettanti e molti antibiotici.
Plasmati per la vita terrestre
Poiché gli enterococchi normalmente vivono nell’intestino della maggior parte degli animali attuali (se non tutti), è plausibile che fossero presenti anche in quello di animali terrestri ormai estinti. Tra questi, i primi artropodi simili a millepiedi che si sono avventurati sulle terre emerse e, molti milioni di anni dopo, i dinosauri.
Secondo il nuovo studio, ogni nuovo gruppo di animali, compresi quelli estinti, ospitava la sua popolazione di enterobatteri (immagine: Pixabay)
Confrontando i genomi di questi batteri, i ricercatori hanno fornito solidi indizi a sostegno di questa ipotesi. Infatti, il team ha scoperto che nuove specie di enterococchi sono comparse ogni volta che si sono affacciati nuovi tipi di animali.
La loro diversificazione segue di pari passo quella degli animali che a un certo punto compaiono nella documentazione fossile, o che sono andati incontro a radiazione adattativa dopo le estinzioni di massa, come quella di fine Permiano (251 milioni di anni fa), la più catastrofica.
Duri a morire
Ogni goccia d’acqua di mare contiene circa 5000 batteri, in gran parte innocui. Quelli che vivono nell’intestino degli animali marini, come i pesci, vengono espulsi con le feci e si depositano sul fondale. I sedimenti ricchi di microbi sono il cibo di vermi, crostacei e molluschi, che vengono predati dai pesci, completando il ciclo. Altri microbi entrano invece nella catena alimentare con lo zooplancton. Sulla terraferma, le cose sono diverse. I microbi intestinali degli animali terrestri, una volta espulsi come feci, tendono a seccarsi rapidamente e a morire. Ma non gli enterococchi. Questi microbi sono insolitamente resistenti e possono sopportare l'essiccazione, la fame e, negli ospedali, i disinfettanti e gli antibiotici che attaccano le loro pareti cellulari.
Sulla terraferma, soltanto i batteri intestinali più resistenti, come gli enterobatteri, possono sopportare la disidratazione e le condizioni ambientali esterne. Questo adattamento è la chiave della loro resistenza ad antibiotici e disinfettanti (immagine: gadling.com)
Grazie al nuovo studio, ora sappiamo quali geni sono stati acquisiti dagli enterococchi centinaia di milioni di anni fa, trasformandoli in superbatteri. Il prossimo obiettivo sarà quindi sviluppare nuove sostanze battericide a loro dedicate, per allontanare l’incubo delle infezioni nosocomiali.
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