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Nel club dei velenosi entrano anche i crostacei

Biologi speleosub hanno scoperto nei Cenotes del Messico un piccolo crostaceo che ha una caratteristica unica tra questi animali: uccide le sue prede con il veleno
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Sparse in tutto il Messico e l’America centrale ci sono piscine naturali alimentate da enormi reti di grotte sotterranee allagate, che gli antichi Maya consideravano le porte d’accesso al mondo dei morti. I biologi hanno ora scoperto che questi pozzi profondi, chiamati Cenotes, sono la dimora di una misteriosa creatura: l’unico crostaceo velenoso noto in natura. Speleonectes tulumensis appartiene a un gruppo di crostacei recentemente classificati nel genere Xibalbanus. Studiare questi piccoli animali (lunghi meno di 2 cm) diafani e ciechi non è certo una passeggiata, perché le caverne labirintiche che li ospitano sono pericolose anche per gli speleosub più esperti. Ma alcuni biologi intrepidi, tra cui Björn von Reumont e Ronald Jenner del Museo di Storia Naturale di Londra, li hanno sorpresi mentre erano intenti a liberarsi degli esoscheletri di gamberi ormai svuotati, con cui presumibilmente avevano banchettato.
Un esemplare di Speleonectes tulumensis (immagine: Björn Von Reumont/Natural History Museum).
Un’analisi di questi crostacei compiuta nel 2007 aveva rivelato strutture sulle zampe anteriori simili ad aghi ipodermici. L’ipotesi di un loro utilizzo per iniettare qualcosa nelle loro prede si è rivelata corretta, come raccontano von Reumont e Jenner in un articolo su Molecular Biology and Evolution. I ricercatori hanno scoperto serbatoi collegati agli aghi circondati da muscoli che fungono da pompe. Al centro del corpo si trova invece la fabbrica del veleno, sottoforma di ghiandole collegate ai serbatoi. Von Reumont e Jenner hanno poi scoperto che il veleno dei crostacei è costituito prevalentemente da peptidasi, enzimi digestivi che si trovano anche nel veleno dei serpenti a sonagli. Il loro ruolo è facilmente immaginabile: aiutano a predigerire la preda, che viene ridotta in poltiglia e quindi risucchiata. Ma per evitare che questa possa scappare in attesa che le peptidasi la trasformino in un frullato, gli Speleonectes le inoculano anche una neurotossina paralizzante, molto simile a quella di alcune specie di ragni. Molti artropodi sono velenosi: oltre ai ragni, vi sono per esempio scorpioni, centopiedi e vespe. Ma il veleno non era mai stato scoperto in nessuna delle 70 000 specie note di crostacei, un sottogruppo di artropodi molto diversificato che comprende granchi, gamberi e aragoste. Una spiegazione, dicono gli esperti, potrebbe trovarsi nella dieta da spazzini e filtratori di molte specie, che non hanno bisogno di armi letali.
Tra i crostacei ci sono temibili predatori come le cicale di mare e il gambero pistolero (sopra), ma nessuna specie nota, eccetto Speleonectes tulumensis, fa ricorso ad armi chimiche (immagine: Wikimedia Commons)
Con il loro cocktail iniettabile di neurotossine ed enzimi digestivi, i nostri crostacei cavernicoli sembrano ben intenzionati a non farsi sfuggire l’occasione di un raro pasto, nella povera mensa offerta dalle grotte allagate. Almeno per gamberi e pesciolini, i Cenotes dove vivono questi killer rappresentano davvero la porta per l'aldilà.
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