Non è semplice prevedere gli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. In buona misura, questi dipenderanno dalla capacità di adattamento di piante, animali e altri organismi, o dalla possibilità di spostarsi in zone vicine climaticamente più congeniali.
Un team internazionale guidato dai ricercatori del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), la principale istituzione scientifica australiana, ha indicato un modo più semplice ed efficace per affrontare il problema.
In una ricerca pubblicata su Nature, gli scienziati hanno presentato mappe globali che mostrano quanto velocemente e in quali direzioni stanno cambiando i climi locali. Ciò consentirà di concentrare e pianificare meglio gli sforzi di conservazione negli anni a venire.
Lo studio ha analizzato 50 anni di dati della temperatura superficiale di terre e mari (dal 1960 al 2009) e ha indagato anche due scenari futuri per gli ambienti marini: in un caso, mantenendo le condizioni attuali, in un altro, ipotizzando un aumento delle temperature globali di 1,75 °C. Le nuove mappe mostrano così dove verrebbero a crearsi nuovi ambienti caldi e dove quelli esistenti potrebbero scomparire.
«Le mappe ci mostrano quanto velocemente e in quale direzione le temperature stanno variando, e dove i migratori che le seguono potrebbero scontrarsi con barriere naturali come le linee di costa. Il nostro lavoro dimostra che la migrazione è molto più complessa di un semplice spostamento verso i poli», ha detto il geografo ed ecologo del progetto Kristen Williams.
La mappa australiana dei cambiamenti climatici fornisce un ottimo esempio. In tutta l’Australia, molte specie stanno già sperimentando temperature più calde. Negli habitat terrestri gli organismi hanno iniziato a cercare sollievo spostandosi a quote più elevate, oppure più a sud. Tuttavia, alcune specie di animali e piante non possono spostarsi su grandi distanze, e alcuni non si muovono affatto.
La mappa australiana dei cambiamenti climatici e delle conseguenti migrazioni di organismi (immagine: CSIRO)
La migrazione di specie può avere importanti conseguenze sulla biodiversità locale. L’entroterra australiano, per esempio, è una regione piatta, calda e arida, dove piante e animali sono già vicini al limite della loro tolleranza termica. Le specie che dal nord monsonico dell’Australia dovessero avventurarvisi in cerca di habitat più freschi, finirebbero per soccombere.
Un altro pericolo è che i nuovi arrivati possano sconvolgere le catene alimentari. Le acque più calde e il rafforzamento della corrente orientale australiana hanno spinto il riccio di mare dalle lunghe spine, Centrostephanus rodgersii, sulle coste orientali della Tasmania, dove sta decimando le foreste sottomarine di kelp e danneggiando la pesca all’aragosta.
Le mappe dei cambiamenti climatici non bastano come linee guida per prevedere o affrontare questi problemi, che devono tener conto anche delle risposte dei fattori biotici, come la capacità di adattamento e di dispersione degli organismi. Ma in uno scenario di rapidi sconvolgimenti del clima e di una crescente pressione della popolazione mondiale su un pianeta già sovrasfruttato potranno fornire utili indicazioni. Il tempismo nell’agire, infatti, sarà determinante per consentire al maggior numero possibile di risorse biologiche di sopravvivere al cambiamento.