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Placca Indo-Australiana: cronaca di una separazione difficile

Nella sua eccezionalità, il sisma a Sud-Est di Sumara dell’11 aprile 2012 ha contribuito a ridefinire alcuni principi della sismologia «classica».
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Gli eventi sismici e la loro evoluzione possono essere studiati ormai «in diretta»: grazie alla strumentazione in possesso degli studiosi di sismi, eventi unici e peculiari possono essere scandagliati nei loro dettagli e fornirci spiegazioni sul perché terremoti avvengano e su quale può essere l'evoluzione degli spostamenti delle placche. E' accaduto lo scorso aprile con i terremoti nel mare di Sumatra, e ora i primi studi sono stati pubblicati su Nature.
 
Il giorno 11 aprile 2012 due terremoti di magnitudo 8,7 e 8,2 si sono susseguiti nel giro di poche nel tratto di mare a Sud-Est dell’Isola di Sumatra. Il sisma, che ha causato la morte di venti persone, è dal punto di vista geologico uno degli eventi più importanti cui i geologi abbiano potuto assistere in diretta negli ultimi anni.
Tre studi pubblicati in contemporanea sulla rivista Nature aiutano oggi a chiarire i complessi fenomeni che hanno condotto al sisma dell’11 aprile: la formazione di nuove linee di faglia all’interno della placca Indo-Australiana e il difficile divorzio della due proto-placche che da essa si stanno generando.
 
Placca Indiana e Placca Australiana: un lungo e doloroso addio
La placca Indo-Australiana è una delle più grandi tra le placche tettoniche terrestri, vale a dire i «pezzetti di puzzle» in cui si suddivide la litosfera del nostro pianeta. Oltre a comprendere il continente australiano, la placca Indo-Australiana si estende in direzione Nord-Ovest ad includere anche il subcontinente Indiano e il tratto di oceano circostante.
 

La mappa mostra la suddivizione in placche nella zona dell'Oceano Indiano. Le due stelle rosse indicano la posizione degli epicentri dei due terremoti (di magnitudo 8,7 e 8,2) che hanno interessato la placca Indo-Australiana l'11 aprile del 2012. (Foto: Keith Koper, University of Utah Seismograph Stations)

Secondo i geologi, la placca Indo-Australiana iniziò a deformarsi circa dieci milioni di anni fa. Spostandosi verso Nord, l’area della placca più prossima all’India si ripiegò sul margine della placca Eurasiatica, portando così all’innalzamento della catena montuosa dell’Himalaya. Ma questo continuo movimento verso Nord ha contribuito a creare, nel corso di milioni di anni, tensioni interne alla placca stessa.
Se infatti sul versante Nord-Ovest il continente asiatico frena in parte il movimento della placca Indo-Australiana, la parte orientale continua a scivolare con un movimento di subduzione al di sotto della sfortunata Isola di Sumatra. Nel corso del tempo questa diversa dinamica di movimenti ha creato tensioni nella zona centrale della placca, che ora ha raggiunto il limite di rottura.
 
Nel primo dei tre articoli pubblicati dalla rivista Nature, un gruppo di sismologi riporta lo studio accurato delle tensioni interne alla placca Indo-Australiana, sottolineando come già altri eventi catastrofici facessero parte dello stesso fenomeno e abbiano creato le condizioni per il terremoto dell’11 aprile 2012. Ne è un esempio, il devastante terremoto di magnitudo 9,1 che colpì il margine orientale della placca e che è rimasto tristemente famoso per il devastante tsunami che il 26 dicembre 2004 causò la morte di oltre duecentoventimila persone. Secondo i sismologi, questo e altri terremoti della zona avrebbero contribuito all’aumento di tensione nella regione centrale della placca: tensione che si è poi liberata nell’aprile di quest’anno.
 
Lo studio contribuisce a chiarire quello che i sismologi sospettavano già da anni: quella che in passato veniva chiamata placca Indo-Australiana si sta ora separando in due proto-placche (o sub-placche), la placca Indiana e quella Australiana. Si tratta di un processo iniziato milioni di anni fa, ma questa è la prima volta che la frammentazione di una placca e la sua evoluzione vengono documentate «in diretta».
 
Il sisma dell’11 aprile 2012 è unico nel suo genere anche per un altro motivo. Se la maggior parte degli eventi sismici si concentra su un’unica faglia, in questo caso il fenomeno è stato molto più complesso. Come descritto in un secondo articolo apparso su Nature, nel terremoto dell’11 aprile sono state ben quattro (se non addirittura sei) le linee di faglia generate dal sisma, una delle quali ha portato ad uno slittamento di addirittura 20-30 metri.
 
Uno tsunami mancato
Nelle primissime ore dopo il terremoto dell’11 aprile fu lanciata l’allerta per quello si temeva potesse essere un disastroso tsunami. Allarme che fortunatamente rientrò senza che l’onda di marea provocasse ulteriori danni: solo a Meulaboh, in Indonesia fu registrato un innalzamento della marea di circa 30 centimetri.
Come mai due terremoti in sequenza di magnitudo 8,7 e 8,2 non hanno generato alcun maremoto significativo? La risposta è da cercarsi nella natura del sisma.
La maggior parte dei terremoti di grande intensità è il risultato della collisione tra due placche, di cui una scivola sopra l’altra. Eventi sismici si possono però verificare anche quando due placche adiacenti semplicemente scorrono orizzontalmente una di fianco all’altra lungo la linea di faglia: si tratta delle cosiddette faglie trascorrenti o, per usare il termine anglosassone sempre più diffuso, faglie strike-slip. In questi casi, tuttavia, gli eventi sismici che ne derivano sono generalmente meno intensi. Generalmente, ma non sempre. L’esempio più eclatante è stato proprio il terremoto dello scorso 11 aprile, che ad oggi rappresenta il più intenso terremoto con un piano di faglia trascorrente mai documentato.
Il tipo di faglia che ha generato il sisma dell’11 aprile spiegherebbe quindi perché al terremoto non sia seguito uno tsunami, come inizialmente temuto. Nonostante la notevole quantità di energia liberata, lo scorrimento orizzontale (e non verticale) delle placche ha limitato le ripercussioni sulla massa d’acqua sovrastante l’epicentro.
 
 

Schema rappresentativo di una faglia trascorrente: le masse rocciose si spostano orizzontalmente l'una rispetto all'altra (Immagine: Wikimedia Commons)

Terremoto dell’11 aprile 2012: un’eco diffusa a tutta la crosta terrestre
Oltre a comprendere la dinamica degli eventi che hanno portato al sisma al largo si Sumatra, i sismologi sono oggi interessati a vedere quali effetti un terremoto di simili proporzioni possa aver avuto sulla litosfera terrestre nella sua globalità.  
Un terzo studio pubblicato sulle pagine di Nature mostra risultati del tutto inaspettati: per i sei giorni successivi al gigantesco evento sismico dell’11 aprile tutta la crosta terrestre ha tremato di più. In tutto il mondo si è infatti registrato un aumento di ben cinque volte della frequenza di terremoti con intensità pari o superiore a magnitudo 5.5.  
Nella sua eccezionalità, il sisma dell’11 aprile ha contribuito a ridefinire alcuni principi della sismologia «classica». É infatti la prima volta che il fenomeno delle repliche (comunemente dette scosse di assestamento) viene documentato su scala globale, dimostrando che, soprattutto per eventi sismici di elevata intensità, è difficile prevedere a quale distanza – di spazio, ma anche di tempo – si manifesteranno gli effetti della scossa principale.

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