Uno striscio di sangue che mostra Plasmodium vivax allo stadio di trofozoite immaturo (in alto) e maturo (in basso) all'interno dei globuli rossi (Immagine: Wikimedia Commons)
Un team internazionale di scienziati, guidato da ricercatori della Perelman School of Medicine presso l’Università della Pennsylvania, negli Stati Uniti, ha però scardinato questa convinzione. In uno studio pubblicato su Nature Communications, ha dimostrato che le scimmie selvatiche che vivono in Africa centrale sono ampiamente infettate da plasmodi che, geneticamente, sono quasi identici alla forma umana di P. vivax. Ciò significa che il parassita non ha origini asiatiche – pur essendo oggi la specie prevalente in Asia – bensì africane.
Gli scienziati hanno analizzato più di 5 mila campioni di feci di scimmie provenienti da decine di stazioni di ricerca e santuari sparsi in tutta l’Africa centrale in cerca del DNA di P. vivax. Hanno così scoperto che il parassita è veicolato stabilmente nelle comunità di scimpanzé e di gorilla occidentali e orientali, ma non nei bonobo.
La distribuzione geografica di Plasmodium vivax nelle popolazioni di scimmie antropomorfe dell'Africa centro-occidentale (Immagine: Nature Communication)
Le sequenze genetiche di P. vivax ottenute dalle grandi scimmie sono state confrontate con campioni del parassita umano provenienti da tutto il mondo. Ciò ha permesso di ricostruire un albero genealogico, da cui è emersa una stretta correlazione tra la forma umana e quella tipica di altri primati. Nelle scimmie, tuttavia, il parassita è apparso più diversificato e non raggruppabile in base alla specie ospite, mentre negli umani è presente un unico ceppo, di chiara ascendenza africana.
Giovani scimpanzé al Jane Goodall sanctuary di Tchimpounga (Congo Brazzaville). Santuari come questo hanno fornito agli scienziati il materiale genetico per studiare le origini di P. vivax (Immagine: Wikimedia Commons)
Lo studio risolve anche un annoso paradosso: come mai una mutazione genetica che conferisce resistenza a questo parassita è presente in gran parte della popolazione indigena dell’Africa occidentale e centrale, sebbene in quest’area le persone non vengano colpite?
P. vivax entra nei globuli rossi umani attraverso la proteina-recettore Duffy che si trova sulla loro superficie. Dal momento che la mutazione comporta l’assenza del recettore, conferendo protezione dal parassita, si è sospettato a lungo che questa fosse un adattamento evolutivo alla sua presenza. Un’ipotesi, però, difficile da conciliare con la convinzione che P. vivax avesse origini asiatiche, e che ora appare perfettamente plausibile.
Secondo i ricercatori, è probabile che un serbatoio africano ancestrale del plasmodio fosse in grado di infettare esseri umani, gorilla e scimpanzé, finché la mutazione Duffy-negativo cominciò a diffondersi circa 30 000 anni fa, eliminando il parassita dalle popolazioni umane locali. Ma P. vivax è riuscito a sopravvivere conquistando nuovi continenti.
Distribuzione geografica globale della malaria: il giallo indica un rischio molto limitato; l'arancio un rischio di malaria da P. vivax o da P. falciparum clorochino sensibile; il rosso un rischio di malaria con possibile presenza di ceppi clorochino resistenti; il marrone un alto rischio di malaria da P. falciparum chemio-resistente, o moderato/basso rischio di malaria da P. falciparum con alta diffusione di ceppi chemio-resistenti (Immagine: Wikimedia Commons)
Il nuovo studio dimostra che le foreste dell’Africa centrale continuano a rappresentare un serbatoio del parassita, con implicazioni per la salute pubblica. Di recente, viaggiatori europei di ritorno da regioni in cui il 99 per cento della popolazione è Duffy-negativa avevano contratto la forma del plasmodio che colpisce le scimmie.
Dal momento che questa è geneticamente più varia della forma umana, una sua diffusione attraverso i viaggi internazionali in paesi in cui P. vivax viene trasmesso attivamente avrebbe conseguenze imprevedibili. Potrebbe per esempio vanificare le misure di trattamento e di prevenzione, soprattutto nel caso in cui i parassiti umani e quelli delle scimmie riescano a ricombinarsi.
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