Nel celebre dipinto Girasoli del Museo Van Gogh di Amsterdam (a sinistra), la presenza di impurità ha facilitato la degradazione del cromato di piombo per effetto della luce, provocando un imbrunimento del giallo. La stessa sorte non è toccata alla versione conservata alla National Gallery di Londra (a destra); probabilmente il pigmento giallo usato nei due casi proveniva da fornitori differenti e conteneva concentrazioni diverse di impurezze. Il cromato di piombo, molto amato dall'artista, ha un'elevata tossicità e potrebbe aver peggiorato i suoi problemi neurologici (Immagine: Wikimedia Commons).
Come ricorda l’autore, «l’assorbimento della luce (e quindi il colore che ne deriva) è un fenomeno quantistico, strettamente legato alla struttura atomica o molecolare dei singoli pigmenti. Emerge così un fatto che può apparire paradossale: i colori che rendono la natura tanto meravigliosa sono in realtà una manifestazione della meccanica dei quanti, una scienza considerata difficile e astrusa, ma che ha effetti così pervasivi e onnipresenti da determinare l’aspetto stesso del mondo che ci circonda.» Dai pittori alchimisti ai pittori digitali Anche se nelle botteghe rinascimentali i pittori-alchimisti macinavano e preparavano i propri colori, la maggior parte degli artisti sono rimasti per secoli del tutto ignari delle loro proprietà ottiche o chimiche, limitandosi ad apprezzarne il risultato estetico. Per non parlare dei rischi per la salute: nell’Ottocento, la disponibilità di pigmenti contenenti metalli pesanti già confezionati in tubetti, insieme al declino delle tradizionali "botteghe" dove il rischio era suddiviso tra più lavoranti, ha in realtà accresciuto l’esposizione degli artisti agli agenti tossici. A nulla è servita, da questo punto di vista, la diffusione delle nuove conoscenze scientifiche. Solo sul finire del secolo la sintesi dei primi pigmenti organici, che gradualmente si sono aggiunti a quelli inorganici e spesso li hanno sostituiti, ha ridotto fortemente il problema della tossicità. Ma per quanto intuitivo o poco consapevole fosse il loro approccio, di sicuro gli artisti di ogni epoca hanno saputo cogliere al meglio ogni opportunità espressiva e ogni innovazione che la scienza forniva loro. Oggi il pittore digitale ha a disposizione strumenti del tutto nuovi: una tavolozza virtuale di milioni di colori, la possibilità di correggere gli errori senza ricominciare da capo e una varietà quasi infinita di effetti bi- e tridimensionali. Il processo creativo trova sempre nuove strade, anche quando tutte sembrano già esplorate.