Papillomavirus e tumori
I ceppi virali più pericolosi sono però quelli oncogeni, cioè correlati all’insorgenza di tumori. Il papillomavirus HPV16, in particolare, è responsabile del carcinoma del collo dell’utero, il primo cancro che l’Organizzazione mondiale della sanità ha ricondotto a un’infezione. Finora si pensava che HPV16 si fosse coevoluto con la nostra specie. Ma un recente studio pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution da ricercatori spagnoli e francesi provenienti dal Catalan Institute of Oncology e dal French National Center for Scientific Research sfida questa idea.
Una microfotografia al microscopio elettronico di papillomavirus umano (HPV). Alcuni ceppi oncogeni sono responsabili di tumori (Immagine: Wikimedia Commons)
Incontri a rischio
Ricostruendo l’albero genealogico del virus e confrontando la sua storia evolutiva con quella della nostra specie, emerge uno scenario inatteso. Il virus è andato incontro a una divergenza evolutiva: la variante A era presente negli Homo arcaici, come Neanderthal e Denisovani, mentre le varianti B/C/D sono tipiche degli umani moderni. Quando i nostri antenati sapiens migrarono fuori dall’Africa tra 100.000 e 50.000 anni fa, si incrociarono regolarmente con entrambe queste specie, tanto che fino al 5% del nostro genoma deriva dai Neanderthal. Insieme a geni utili, però, i rapporti sessuali promiscui ci hanno trasmesso la variante più arcaica e aggressiva del papillomavirus, che ha trovato nuovi ospiti in cui diffondersi.
Ricostruzione di uomini di Neanderthal presso il museo il museo a loro dedicato di Mettmann, in Germania. Il ceppo più arcaico e aggressivo di papillomavirus potrebbe essere un ricordo degli incroci tra i nostri antenati sapiens e le specie arcaiche di Homo con cui hanno convissuto (Immagine: Wikimedia Commons)
Un'eredità sgradita
Questo scenario spiega diversi misteri irrisolti, tra cui il fatto che la diversità umana è maggiore in Africa, e che il ceppo HPV16 è praticamente assente nell’Africa sub-sahariana mentre è di gran lunga il più comune nel resto mondo, con la maggior diversità in Asia orientale. Le risposte vanno cercate nelle nostre migrazioni, e nelle scappatelle sessuali annesse. Secondo i ricercatori, l’interazione tra il genoma virale e quello dell’ospite spiega anche perché la maggior parte degli esseri umani esposti all’HPV guarisce spontaneamente dall'infezione, mentre pochi sfortunati sviluppano il cancro. La maggior predisposizione infatti potrebbe riflettere il diverso grado di ascendenza arcaica nel nostro genoma. Sfortunatamente l’HPV non infetta le ossa, e i genomi di Neanderthal e Denisovani a nostra disposizione non contengono tracce di infezione. La speranza degli scienziati è quindi di riuscire a trovare antichi resti di pelle umana in cui cercare le sequenze di HPV, che fornirebbero una prova più diretta alla loro ipotesi. _____ Immagine banner in evidenza: Wikimedia Commons Immagine box in homepage: Wikimedia Commons


