
La presenza di ricercatori maschi in studi condotti sugli animali potrebbe avere importanti ricadute nell'interpretazione dei meccanismi alla base dello stress e del dolore (foto: Shutterstock)
In uno studio pubblicato nel 2007, il gruppo di Mogil aveva già dimostrato che gli animali da esperimento manifestano meno dolore se nella stanza è presente una persona. Mogil ha quindi ripetuto l’esperimento chiedendo ai ricercatori di lasciare la stanza dopo l’iniezione: accanto ai topolini trattati veniva però lasciata una maglietta indossata, a seconda dei casi, da un uomo o da una donna. Il risultato si è ripetuto, suggerendo che il sudore dell’uomo e gli ormoni maschili agiscono come anti-dolorifici. Lo stesso effetto è stato ottenuto utilizzando, al posto della T-shirt, ormoni maschili o altro materiale venuto a contatto con animali maschi, compresi cani e gatti.
Rimaneva a questo punto un’ultima domanda: in presenza di un maschio, i topolini provano davvero meno dolore o, per qualche motivo, semplicemente lo manifestano meno? Misurando i livelli di corticosterone – un ormone liberato in situazioni di stress – i ricercatori hanno confermato che le sensazioni dolorose erano attutite e che gli ormoni maschili agiscono, quindi, come veri e propri anti-dolorifici.
Il significato evolutivo di questa risposta rimane ancora da chiarire: un’ipotesi è che l’effetto anti-dolorifico rappresenti una risposta di difesa primordiale. Di fronte a un maschio solitario – che, con tutta probabilità sta difendendo il proprio territorio o, peggio ancora, è a caccia – mostrarsi in una situazione di stress e dolore non può che rendere l’animale ancora più vulnerabile. Così contenere gli effetti provocati da una situazione di stress, all’inizio, può aver rappresentato un’importante strategia di sopravvivenza.
La ricaduta sperimentale di questa scoperta è, purtroppo, ben più chiara: esperimenti che studino la risposta allo stress e al dolore negli animali possono risentire fortemente dell’effetto anti-dolorifico dovuto alla presenza di un operatore uomo. Lo stesso potrebbe valere anche per studi clinici su pazienti in cui venga studiato, per esempio, l’effetto di un nuovo farmaco anti-infiammatorio. Questo effetto potrebbe in parte spiegare perché i risultati di alcuni studi sul dolore sono difficili da replicare quando sono ripetuti in laboratori diversi o quando sono traslati all’uomo.
Non è certo il caso di considerare nulli i risultati di anni di ricerca nel campo. In futuro sarà però necessario tener conto del “profumo di uomo”. Gli studi di etologia ci insegnano che gli animali possono essere abituati progressivamente alla presenza degli studiosi nel loro ambiente: è un processo lungo e laborioso, ma che potrebbe aiutare ad arginare almeno in parte il problema. In attesa che queste misure vengano attuate, una buona norma può consistere nell’annotare nel quaderno degli esperimenti un’ultima, importante variabile: chi ha svolto l’esperimento è un uomo o una donna?

