Un topolino utilizzato per esperimenti in laboratorio (Foto: Wikimedia Commons)
I risultati dello studio escono dal Laboratorio di Jeffrey S. Mogil, attivo da venticinque anni nello studio dei meccanismi alla base del dolore. E’ stato proprio durante uno di questi esperimenti che sono nati i primi sospetti.
Quando veniva iniettato nelle zampe dei topolini, lo Zymosan A, una sostanza irritante, avrebbe dovuto provocare una reazione infiammatoria, necessaria per studiare i meccanismi alla base del dolore. Eppure qualcosa andava storto: dopo l’iniezione non veniva riscontrata nessuna infiammazione. I ricercatori hanno così pensato a un errore nella preparazione della sostanza, ma una volta esclusa questa possibilità hanno iniziato a sondare tutte le possibili variabili, fino ad arrivare alla sconcertante conclusione: i topi che non avvertivano dolore erano stati trattati da studenti maschi.
Nessuno ci aveva mai pensato: eppure, un elemento a prima vista trascurabile – quale può essere il sesso del ricercatore – era in grado di influenzare profondamente il risultato di esperimenti con animali.
Di fronte a una simile osservazione, il gruppo di Mogil ha così deciso di andare a fondo alla questione. A ricercatori di entrambi i sessi è stato chiesto di eseguire l’iniezione di Zymosan A e, subito dopo, di sedersi accanto all’animale a leggere un libro. Nel frattempo, una telecamera riprendeva il topo per raccogliere dati sul modo in cui l’animale manifestava o meno sensazioni di dolore. Si tratta di un metodo che valutando le smorfie del viso, la posizione dei baffi e delle orecchie del topolino è in grado di stabilire se l’animale si trova in una situazione di stress, come quella causata dal dolore. Eseguendo il test, i ricercatori canadesi si sono accorti che alcune volte il topolino manifestava dolore, in altre no. Escludendo altre variabili, si è deciso allora di dividere i ricercatori in due gruppi, in base al sesso. I risultati hanno sorpreso, per la loro forza, i ricercatori stessi: rispetto agli animali manipolati da una donna, i topolini trattati da un ricercatore uomo non manifestavano alcun dolore nel 36% di casi.
La presenza di ricercatori maschi in studi condotti sugli animali potrebbe avere importanti ricadute nell'interpretazione dei meccanismi alla base dello stress e del dolore (foto: Shutterstock)
In uno studio pubblicato nel 2007, il gruppo di Mogil aveva già dimostrato che gli animali da esperimento manifestano meno dolore se nella stanza è presente una persona. Mogil ha quindi ripetuto l’esperimento chiedendo ai ricercatori di lasciare la stanza dopo l’iniezione: accanto ai topolini trattati veniva però lasciata una maglietta indossata, a seconda dei casi, da un uomo o da una donna. Il risultato si è ripetuto, suggerendo che il sudore dell’uomo e gli ormoni maschili agiscono come anti-dolorifici. Lo stesso effetto è stato ottenuto utilizzando, al posto della T-shirt, ormoni maschili o altro materiale venuto a contatto con animali maschi, compresi cani e gatti.
Rimaneva a questo punto un’ultima domanda: in presenza di un maschio, i topolini provano davvero meno dolore o, per qualche motivo, semplicemente lo manifestano meno? Misurando i livelli di corticosterone – un ormone liberato in situazioni di stress – i ricercatori hanno confermato che le sensazioni dolorose erano attutite e che gli ormoni maschili agiscono, quindi, come veri e propri anti-dolorifici.
Il significato evolutivo di questa risposta rimane ancora da chiarire: un’ipotesi è che l’effetto anti-dolorifico rappresenti una risposta di difesa primordiale. Di fronte a un maschio solitario – che, con tutta probabilità sta difendendo il proprio territorio o, peggio ancora, è a caccia – mostrarsi in una situazione di stress e dolore non può che rendere l’animale ancora più vulnerabile. Così contenere gli effetti provocati da una situazione di stress, all’inizio, può aver rappresentato un’importante strategia di sopravvivenza.
La ricaduta sperimentale di questa scoperta è, purtroppo, ben più chiara: esperimenti che studino la risposta allo stress e al dolore negli animali possono risentire fortemente dell’effetto anti-dolorifico dovuto alla presenza di un operatore uomo. Lo stesso potrebbe valere anche per studi clinici su pazienti in cui venga studiato, per esempio, l’effetto di un nuovo farmaco anti-infiammatorio. Questo effetto potrebbe in parte spiegare perché i risultati di alcuni studi sul dolore sono difficili da replicare quando sono ripetuti in laboratori diversi o quando sono traslati all’uomo.
Non è certo il caso di considerare nulli i risultati di anni di ricerca nel campo. In futuro sarà però necessario tener conto del “profumo di uomo”. Gli studi di etologia ci insegnano che gli animali possono essere abituati progressivamente alla presenza degli studiosi nel loro ambiente: è un processo lungo e laborioso, ma che potrebbe aiutare ad arginare almeno in parte il problema. In attesa che queste misure vengano attuate, una buona norma può consistere nell’annotare nel quaderno degli esperimenti un’ultima, importante variabile: chi ha svolto l’esperimento è un uomo o una donna?