Cervello grande, dente piccolo. O vicerversa?
L’assunto di partenza è che cervelli più grandi abbiano consentito di fabbricare utensili di pietra, e che l'uso di questi strumenti abbia ridotto la necessità di avere grandi denti per masticare. Questo presuppone un altro dogma, e cioè che un cervello più grande sia sinonimo di maggiore intelligenza, una teoria smentita da vari studi. Esistono poi varianti sul tema, per esempio che sia stato il cambio di dieta da vegetariana a carnivora a ingrandire il cervello, o almeno a rimpicciolire i denti. Nonostante il disaccordo sui rapporti di causa-effetto, in paleoantropologia la riduzione dei molari e l'aumento della capacità cranica sono considerati in genere processi correlati. Ma è davvero così?
Un molare di Gigantopithecus blacki, il più grande primate finora scoperto, con un'altezza di 3 metri e un peso di oltre mezza tonnellata. Visse in Asia tra 9 milioni e 100 000 anni fa (conobbe Homo erectus e Homo sapiens). La sua dentatura suggerisce che si nutriva quasi esclusivamente di bambù, come il panda gigante (immagine: Wikimedia Commons)
Questione di ritmo evolutivo
Un nuovo studio condotto da ricercatori del centro di studi avanzati di paleobiologia umana della George Washington University (CASHP) sfida questa ipotesi. La ricerca, pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences ha preso in esame 8 diverse specie di ominini. Questa sottofamiglia comprende i nostri antenati e tutti gli altri ominidi bipedi estinti; oggi include gorilla, scimpanzé e bonobo, oltre all’uomo. I ricercatori hanno scoperto che mentre le dimensioni del cervello si sono evolute a velocità diverse per le varie specie, in particolare durante l’evoluzione del genere Homo, i denti usati per la masticazione tendevano a evolvere a ritmi simili.
Una ricostruzione 3-D di un moderno cranio umano che mostra i denti e il volume endocranico (immagine: George Washington University)
Ciò significa che su questi caratteri agivano differenti spinte evolutive, per esempio diversi fattori ecologici e comportamentali. Gli autori hanno misurato e confrontando i tassi a cui denti e cervello si sono modificati lungo i diversi rami dell’albero evolutivo umano.
Se la visione classica che propone la co-evoluzione tra cervelli e denti fosse corretta, sarebbe emersa una stretta corrispondenza nei ritmi evolutivi di entrambi i caratteri. Ma i risultati della ricerca descrivono un altro scenario.
L'evoluzione indipendente di cervello e denti
Alcuni ominini avevano sviluppato cervelli più grandi prima che i loro denti si riducessero, mentre altri fabbricavano e utilizzavano strumenti in pietra quando il loro cervello era ancora piuttosto piccolo. Evidentemente, fattori diversi e indipendenti hanno agito sulla loro evoluzione.
Homo habilis, il primo ominide a fabbricare semplici strumenti in pietra, aveva un cervello di dimensioni ridotte. Più che per cacciare, si pensa che gli strumenti gli servissero a strappare la carne dalle ossa di prede altrui (immagine: ESO blog wordpress)
«I risultati dello studio indicano che semplici relazioni causali tra l’evoluzione delle dimensioni del cervello, l’uso di utensili e le dimensioni dei denti è improbabile che reggano quando si considerano i complessi scenari dell’evoluzione degli ominidi e i lunghi periodi di tempo in cui si è verificato il cambiamento evolutivo», ha detto Aida Gómez-Robles, principale autore dello studio.