La sempre maggior diffusione di test di screening genetico ha messo ancora più in evidenza come certe mutazioni abbiano effetti molto diversi in persone diverse. Quella che si pensava essere una regola della genetica («ad una mutazione corrisponde una certa malattia») potrebbe piuttosto rivelarsi un’eccezione. Ma perché se due individui hanno la stessa mutazione, in uno la malattia può manifestarsi e nell’altro no?
Geni, ambiente e caso
L’insorgere di una malattia associata ad una mutazione genetica è una questione di geni, ma anche di ambiente, includendo in questo termine generico stili di vita, dieta, esposizione a patogeni e così via. Questo lo si vede ad esempio in alcune coppie di gemelli che, pur condividendo lo stesso genoma, possono andare incontro a malattie diverse. Gli studi condotti negli ultimi decenni sembrano però suggerire che il binomio «genoma-ambiente» non sia l’unico responsabile. Studiando organismi molto semplici – come il verme C. Elegans – ricercatori spagnoli hanno dimostrato che mantenendo costanti non solo il corredo genico, ma anche l’ambiente si ottiene comunque una notevole variabilità di fenotipi. Ad aggiungere complessità all’intero processo sarebbero fattori stocastici: un gioco delle probabilità che determina quanto un certo gene – normale o mutato che sia – venga espresso oppure silenziato. Un elemento che fa sì che due cellule, e tanto meno due individui, non saranno mai completamente identici. Sommando tutte queste «deviazioni dalla somiglianza» è possibile spiegare perché due individui geneticamente identici che vivono nello stesso ambiente finiscano uno per sviluppare una malattia e l’altro no.
La figura mostra come, a causa di eventi stocastici, la stessa mutazione può dare risultati diversi distinti in individui di C. Elegans (Immagine: Centre for Genomic Regulation)
Ma a cosa sono dovute queste «deviazioni dalla somiglianza»?
Molta della variabilità osservata sarebbe da ricondurre a variazioni nei livelli di espressione genica: per dimostrarlo, i ricercatori spagnoli hanno sviluppato un metodo per studiare minime variazioni nell’espressione di un gene in cellule diverse. Una conseguenza interessante è che l’esito finale non è solo il risultato dell’espressione di quel particolare gene associato alla malattia, ma anche di altri geni a esso correlati funzionalmente: una rete di interazioni la cui complessità cresce in modo esponenziale quando si aggiunge il contributo del caso. Il risultato è che è davvero difficile pensare di prevedere se una persona svilupperà una malattia o no solo in funzione di una certa mutazione o polimorfismo: qualcosa su cui anche certe compagnie di assicurazione sanitaria dovrebbero meditare.
La chiave per decodificare questa intricata maglia di interazioni sarebbe quindi uno studio a tutto campo sulla rete funzionale in cui un gene è inserito. Si tratta di un compito tutt’altro che semplice, ma solo mettendo insieme tutte queste informazioni sarà forse un giorno possibile fare previsioni oculate sull’insorgenza e il decorso di una malattia.
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