Più che nuotare, questi delicati animali primordiali sembrano pulsare attraverso l’acqua: a dispetto delle apparenze, questo movimento ondulatorio rende le meduse ottime nuotatrici, in grado di percorrere lunghissime distanze sprecando pochissime energie. Ma come fanno?
Fino ad oggi si credeva che le meduse nuotassero spostando dietro di sé l’acqua che si trova sul fronte del loro movimento. Secondo questo modello, la forza propulsiva dipenderebbe dalla spinta con cui l'animale preme sul liquido: il risultato è una forza propulsiva che spinge indietro la massa d’acqua e la medusa in avanti. Ma dopo anni passati a studiare le tecniche di nuoto degli esemplari di Aurelia aurita, o medusa quadrifoglio, è ora chiaro agli scienziati che le meduse nuotano aspirando l’acqua verso di sé e non spingendola. In questo modo, la forza con cui l’acqua viene risucchiata permette loro di spostarsi in avanti.
Tutti in vasca! (biglie di vetro incluse)
Per studiare lo stile di nuoto delle meduse, i ricercatori hanno costruito una vasca in cui galleggiavano piccole biglie di vetro, così minuscole da mimare le particelle d’acqua. Nuotando, le meduse spostavano le biglie, il cui movimento è stato captato da due laser e una telecamera. Questo sistema ha permesso di calcolare con precisione tutte le variabili coinvolte nella dinamica del fluido attorno alla medusa: la velocità del flusso, il tempo impiegato a spostarsi e, con l’aiuto di un algoritmo, anche i valori di pressione attorno all’animale in movimento. La rappresentazione grafica dei cambiamenti di pressione è visibile in questa ricostruzione:
Dal video risulta evidente che le vere responsabili del nuoto sono le regioni di bassa pressione (e non alta!) che si creano attorno al corpo in movimento: attirando verso di sé l’acqua che si trova davanti (e non sotto!) all’ombrello, la medusa crea le zone di bassa pressione che le permettono di nuotare in avanti. Questa stessa tecnica di nuoto è adottata anche dalle lamprede, un’altra classe di ottimi nuotatori primordiali. Nonostante la loro struttura corporea (a simmetria bilaterale) sia molto diversa da quella delle meduse (a simmetria radiale), anche gli esemplari di Petromyzon marinus, o lampreda di mare, si muovono aspirando l’acqua e sfruttando le zone di bassa pressione che si creano nelle curvature del loro corpo affusolato.
Sottomarini del futuro
Lo stile medusa è del tutto in linea con la delicatezza di questi animali: nuotare in modo esemplare non richiede di spingere con forza sull’acqua, ma basta un leggero movimento di “risucchio” per farsi largo nell’acqua. Perché non applicare allora lo stesso sistema anche alla progettazione di barche, sottomarini e robot subacquei? Quello della propulsione subacquea è per gli ingegneri un problema di vecchia data: per più di un secolo, si è cercato di mimare il nuoto degli animali, pensando che il segreto stesse nella capacità di generare forti pressioni sulla massa d’acqua. Ma questo sistema è molto dispendioso dal punto di vista energetico. Questo nuovo studio ribalta il punto di vista degli scienziati sull’evoluzione del nuoto e su cosa significhi, da un punto di vista fisico, nuotare in modo ottimale: la soluzione alla propulsione sottomarina non sta quindi nello sprigionare pressioni sempre più potenti, quanto piuttosto nel generare attorno al sottomarino zone di bassa pressione che, con meno fatica, lo spingano in avanti. Più che le rigide strutture di un’elica sarà quindi utile cercare di riproporre le strutture flessuose delle meduse, già selezionate dall’evoluzione per la loro capacità di unire l’ottimo stile di nuoto al risparmio energetico. Del resto non sarebbe la prima volta che questi animali hanno qualcosa da insegnare agli esperti di biomimetica: basti pensare al drone Jellyfish (descritto in questo articolo dell’Aula di Scienze), progettato proprio per simulare in aria la delicata danza acquatica meduse.
Immagine box e banner: Composizione foto da Wikimedia Commons (Hans Hillewaert e André Karwath).