Alcuni ricercatori locali impegnati negli scavi (immagine: Sofia Menconero)
Laetoli, proménade per australopitechi
Il sito di Laetoli è già celebre per un analogo ritrovamento, che risale a quasi 40 anni fa. Qui, nel 1978, la paleoantropologa Mary Leakey portò alla luce le orme di tre individui, due adulti e un giovane, lasciate su un antico strato di cenere vulcanica bagnata dalla pioggia, che col tempo si è trasformata in tufo. Datate a 3,66 milioni di anni fa, sono le impronte più antiche finora scoperte attribuibili a ominidi bipedi, per la precisione alla specie Australopithecus afarensis. Il rappresentante più noto, la famosa Lucy, era stata rinvenuta pochi anni prima (nel 1974) in Afar, una regione dell'Etiopia, dal paleoantropologo Donald Johanson.
La mappa del sito di ritrovamento, chiamato sito G (immagine: eLife)
L'insospettato dimorfismo sessuale di A. afarensis
Le nuove impronte, lasciate da due individui adulti, si trovano ad appena 100 metri da quelle scoperte dalla Leaky, risalgono allo stesso periodo e procedono nella stessa direzione. Ma soprattutto, ridisegnano la morfologia e l’organizzazione sociale di questi australopitechi. I ricercatori hanno misurato le impronte e utilizzato modelli matematici per calcolare l’altezza e il peso dei diversi individui, che mostrano uno spiccato dimorfismo sessuale. Uno, presumibilmente una femmina, doveva essere alto 140cm e pesare meno di 30 kg. L’altro, sicuramente un maschio, raggiungeva la considerevole altezza di 165-170 cm e un peso di circa 48 kg. Un vero record per questi australopitechi, finora ritenuti piuttosto minuti, con altezze tra 110 cm (come nel caso di Lucy) e 130 cm. Per le sue imponenti dimensioni, il maschio è stato ribattezzato Chewie, diminutivo di Chewbecca, l’enorme e pelosissimo Wookiee di Guerre Stellari.
Le impronte scoperte dai ricercatori italiani a Laetoli (immagine: Raffaello Pellizzon)
I commenti dei ricercatori
«Lo studio delle impronte ha permesso di verificare la presenza di individui con dimensioni piuttosto variabili, il che fa pensare a un gruppo sociale composto da maschi, più grandi, e femmine, più piccole», ha dichiarato Cherin. «Agli occhi di un paleoantropologo, il dimorfismo sessuale ha un profondo significato, perché, come emerge da un’ampia mole di dati biologici, richiama alla struttura sociale e alle strategie riproduttive», ha aggiunto Giorgio Manzi, docente di paleoantropologia al Dipartimento di biologia ambientale della Sapienza di Roma e autore senior dello studio.
Una ricostruzione del gruppo di australopitechi che 3,7 milioni di anni fa hanno lasciato le impronte a Laetoli (immagine: Dawid A. lurino)