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Tempesta di neve: le cause

Prevedere freddo e neve? Bisogna studiare vento e temperature del mare
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Il freddo e la neve sono memorie ancora fresche per le nostre città. Spesso vere e proprie tempeste con vento gelido che sferza e impolvera di bianco le strade, paralizzano il traffico e mettono in ginocchio le amministrazioni. Secondo uno studio compiuto da esperti meteorologi, proprio il vento e la temperatura superficiale delle acque oceaniche possono aiutarci nel prevedere un inverno caratterizzato da tempeste di neve. Lo studio retrospettivo compiuto dalla NASA riguarda la costa americana orientale, durante l’inverno particolarmente gelido del 2009-10.

Siegfried Schubert e i colleghi del Goddard’s Global Modeling and Assimilation Office (GMAO) della NASA hanno voluto infatti prendere in considerazione l’inverno tra il 2009 e il 2010, che per la costa est degli Stati Uniti è stato straordinariamente freddo e caratterizzato da tre tempeste di neve a cavallo di dicembre e febbraio. La precipitazione di neve è stata la più grande dal 1899 e tutte le città sono rimaste paralizzate per giorni: impossibile spostarsi e spesso anche riscaldarsi per mancanza di gas ed elettricità. Gli americani hanno dato a questo evento il nomignolo di Snowmaggedon, ovvero apocalisse di neve.

Lo studio
Prendendo in considerazione tutte le caratteristiche climatiche di quel periodo Schubert ha cercato di capire quali fossero i cambiamenti sostanziali che, deviando dalla norma, avrebbero causato o favorito la comparsa delle tempeste di neve. I risultati verranno pubblicati la prossima primavera su Journal of Climate.

El Niño
La prima variabile direttamente coinvolta è la temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico.
Gli Stati Uniti si trovano tra l’Oceano Pacifico a ovest e quello Atlantico a est, e nel periodo di dicembre e gennaio ogni cinque anni devono sottostare alle influenze di El Niño. In questo periodo infatti un riscaldamento di solo mezzo grado Celsius della superficie oceanica, per diversi mesi, porta a precipitazioni, uragani o al contrario fasi di siccità. Il riscaldamento atmosferico influenza indirettamente la circolazione equatoriale dei venti e le precipitazioni fino alla costa americana orientale.

Oscillazione Nord Atlantica
El Niño può influenzare la quantità di precipitazioni e la loro caratteristica violenza, ma serve il freddo per trasformare la pioggia in neve. Un secondo fattore è stato quindi messo in luce da Schubert e dai colleghi della NASA: l’oscillazione Nord Atlantica. Si tratta di oscillazioni a livello di pressione atmosferica che dipendono dal mescolarsi delle basse pressioni islandesi e delle alte pressioni delle Azzorre. Nella fase positiva il vento tende a soffiare sulla costa est maggiormente da ovest, rendendo il clima più mite. Nella fase negativa, invece, il vento soffia sul Nord Atlantico maggiormente dalle zone artiche, favorendo le precipitazioni nevose. Purtroppo, ammettono gli esperti, è facile misurare la temperatura delle acque superficiali per prevedere il livello di precipitazioni, mentre rimane quasi impossibile fare previsioni a lungo termine sulla presenza di neve, perché l’oscillazione Nord Atlantica è molto instabile.

 

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