Il 23 ottobre 2012 il tribunale de L’Aquila ha emesso la sentenza di primo grado per sette membri della Commissione Grandi Rischi. La condanna è a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. I sei esperti di sismologia e geologia (l’allora presidente della Grandi Rischi Franco Barberi, l’allora presidente dell’Ingv Enzo Boschi, il direttore del servizio sismico del Dipartimento della Protezione Civile Mauro Dolce, il direttore del centro nazionale terremoti Giulio Selvaggi, il direttore di Eucentre Gian Michele Calvi, il professore di fisica dell’Università di Genova Claudio Eva) e l’allora vicecapo della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis non sono stati condannati per non aver saputo prevedere il terremoto che il 6 aprile del 2009 ha colpito l’Abruzzo, ma per le rassicurazioni alla popolazione che avrebbero indotto una parte della cittadinanza a non allontanarsi dalla città e che sarebbe stata una delle cause della morte di 29 delle 309 vittime.
La condanna è severa e più grave di quanto richiesto dalla stessa accusa. Per capire il ragionamento che ha portato il giudice monocratico Marco Billi a questa sentenza bisogna attendere il deposito delle motivazioni. Già ora, però, la sentenza ha suscitato reazioni forti da parte della comunità scientifica e dei mezzi di comunicazione internazionale. Per una cronaca dettagliata della lettura della sentenza, segnaliamo l’articolo di Nature scritto da Nicola Nosengo.
Qual è allora l’accusa?
Come scrive il New Scientist in un editoriale sull’argomento, «gli scienziati sono stati impiegati dal maggior organismo nazionale italiano per le situazioni di crisi (la Protezione Civile, Ndr) per valutare i rischi di un eventuale terremoto e di comunicare tale valutazione al governo e alla cittadinanza». Secondo il settimanale inglese, dalla lettura del verbale della riunione del 31 marzo 2009 non emergerebbe alcun errore e la loro valutazione della situazione è corretta dal punto di vista scientifico. L’errore dei sei scienziati presenti sarebbe stato, quindi, quello di «lasciare la comunicazione al pubblico in mano a un dirigente della Protezione Civile senza alcuna conoscenza di sismologia, il quale ha riportato alla stampa una sintesi grossolana e non accurata della situazione, dicendo che "la comunità scientifica dice che non c'è pericolo perché è in corso uno scarico di energia e la situazione appare favorevole". A questo punto i sismologi avrebbero dovuto fare un passo avanti. Ma non l’hanno fatto». Cosa che non hanno fatto nemmeno nei giorni successivi, e motivo per cui il messaggio che è stato diffuso è stato quello sbagliato.
Gli scienziati potevano provedere il terremoto del 6 aprile 2009?
Come già sottolineato per il secondo anniversario dell’evento, al momento la comunità scientifica non ha alcuno strumento per riuscire a predire quando si verificherà un terremoto. Sappiamo che ci sono luoghi in cui la probabilità che avvenga un terremoto è più alta, perché in quei luoghi ci sono stati molti terremoti in passato ed è logico pensare che su quelle faglie ci saranno ancora terremoti analoghi per intensità a quelli che si sono registrati. Il processo ai membri della Grandi Rischi, sottolinea il New Scientist, non «riguarda il fallimento nella predizione del terremoto». L’accusa ha indicato «in modo cristallino che il processo riguardava una cattiva comunicazione del rischio, costruito sull‘accusa di aver fornito una 'informazione incompleta, inesatta e contraddittoria».
E in futuro?
Alcuni commenti hanno sottolineato come la sentenza metta a rischio il ruolo determinante degli scienziati nelle commissioni tecniche, con evidente danno a tutta la società civile. Il settimanale inglese ha però sottolineato come il processo alla Grandi Rischi possa rivelarsi un’occasione di riflessione su questo tema. Ecco la conclusione dell’editoriale:
«Questo episodio dovrebbe, al contrario, essere di incoraggiamento agli scienziati che decidono di occupare quei ruoli per riflettere seriamente sulle responsabilità che essi portano con sé. Gli scienziati sono spesso tentati dalla possibilità di demandare la comunicazione con la cittadinanza ad altri che si pensa siano gli esperti. Ma questo approccio porta spesso a confusione, come mostra la litania di errori del passato: BSE (la cosiddetta 'mucca pazza', Ndr), i vaccini, gli OGM e molti altri. Questo stato di cose non può continuare. Gli scienziati apprezzati per le loro competenze dovrebbero parlare in prima persona piuttosto che lasciare altri farlo per loro. Ci sono delle vite in gioco».