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Gli oranghi di Sumatra e l'arte di usare un bastone

Lo studio del comportamento degli oranghi di Sumatra alle prese con bastoncini di legno, usati come "posate" per cibarsi, è attendibile se gli animali sono tenuti in cattività? Un articolo su Science ha riacceso la discussione.
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Lo studio del comportamento degli oranghi di Sumatra alle prese con strumenti come pezzetti di legno usati come "posate" per cibarsi di termiti o miele è attendibile se gli animali sono tenuti in cattività? Un articolo su Science ha riacceso la discussione.


Un legnetto, è tutto quello che serve. Non per camminare dritti risalendo le montagne, d’altronde i primati non sono noti per la postura eretta, ma per procurarsi il cibo. Gli oranghi che vivono a ovest del fiume Alas, sull’isola di Sumatra, abitano in una zona paludosa, ma i legnetti non servono loro per farsi largo nella giungla, ma per raccogliere il cibo (termiti o miele), dai tronchi. Nonostante la vicinanza geografica, gli oranghi che sono insediati dall’altro lato del fiume (a est) non hanno la stessa abitudine.

Due mondi a lato del fiume
Proprio sfruttando questa differenza, lo psicologo Thibaud Gruber e i colleghi antropologi di Zurigo, hanno potuto studiare il comportamento di alcuni piccoli di orango provenienti dalle due diverse sponde del fiume per verificare l’apprendimento nell’utilizzo dei bastoni. I cuccioli sono stati studiati nella permanenza presso il centro di Batu Mbelin, dove vengono accolti i piccoli di orango orfani.

Il dibattito sulle origini di alcuni comportamenti sociali nei primati si è aperto dopo uno studio pubblicato su Science nel 2003, e a cui è seguito nel novembre del 2011 un forte interesse negli antropologi per un altro studio pubblicato su Current Biology, per capire se alcuni comportamenti, come l’utilizzo di strumenti, siano provocati dall’ambiente circostante o dall’apprendimento dalla propria comunità.

I risultati dello studio
Agli oranghi, tutti giovani e che non avevano potuto quindi allenarsi precedentemente con il bastone, sono stati forniti dei legnetti sia per prendere il cibo e portarlo nella propria gabbia, sia per raccogliere il miele dai tronchi. A parità di stimoli ambientali gli oranghi dell’ovest se la sono cavata molto meglio dei loro limitrofi.

Gruber pensa che in qualche modo in tenera età gli oranghi delll’ovest abbiano visto i loro simili usare quel comportamento, e una volta fatta propria questa idea, al momento giusto hanno potuto metterla in pratica con maggiore facilità. Lo stesso autore ammette che questa rappresentazione mentale può essere chiamata «idea culturale».
 

Un orango di Sumatra alle prese con una "posata" di legno (Immagine: Discovermagazine.com)

Il dibattito
Come spesso accade su argomenti così delicati, su Science alcuni colleghi hanno dato la loro opinione sullo studio, criticando il fatto che un esperimento condotto in cattività non può avere lo stesso peso di uno studio sul campo. Anche David Watts, antropologo di Yale, afferma che questo studio abbia una sua validità, ma circostanziata alla triste realtà della vita in cattività. Invece per Dorothy Fragaszy, primatologa dell’Università della Georgia, anche se per la loro giovane età gli oranghi non avevano potuto usare i bastoni, non significa che non avessero iniziato a fare qualche tentativo o imparato alcuni movimenti.

Animali a rischio

Ma il motivo degli studi in cattività non è riconducibile alla casualità o alla cattiva volontà dei ricercatori. Purtroppo, come lo stesso Gruber fa notare, la situazione politica sull’isola di Sumatra non permette ai ricercatori di lavorare in sicurezza sul campo. Inoltre l’accoglienza dei giovani oranghi presso il parco di Batu Mbelin è stata una necessità: in questi mesi il disboscamento delle zone attorno al fiume Alas ha lasciato molti piccoli di orango orfani, e il centro è l’unica alternativa per salvarli da morte certa.
In un’intervista pubblicata su Science, lo stesso Gruber avverte che se la situazione locale non cambierà forse lo studio in cattività potrà essere in futuro l’unica opzione e «la perdita di questo habitat». E inoltre aggiunge che «probabilmente significherà anche la perdita della cultura degli oranghi».

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