Uno studio pubblicato recentemente sulle pagine della rivista Cell individua per la prima volta un ormone in grado non solo di proteggere il cuore, ma addirittura di farlo ringiovanire.
Tra le cause più comuni di insufficienza cardiaca vi è una particolare condizione, chiamata ipertrofia cardiaca: si tratta di un "ingrossamento" del cuore che, nella maggior parte dei casi, insorge con l'invecchiamento. Con l’innalzamento dell’età media della popolazione nel mondo occidentale, l'ipertrofia cardiaca sta divenendo una condizione sempre più frequente, riscontrata in circa l’1-2% degli anziani. L'invecchiamento rappresenta senza dubbio un fattore predisponente a questa condizione, ma i meccanismi molecolari che sono alla base rimangono tuttora oscuri. Uno studio pubblicato recentemente sulle pagine della rivista Cell individua per la prima volta un ormone in grado non solo di proteggere il cuore, ma addirittura di farlo ringiovanire, aprendo uno spiraglio nella comprensione della patogenesi dell'ipertrofia cardicaca.
Quando il cuore fa fatica
L'insufficienza cardiaca si manifesta quando il cuore smette di funzionare correttamente: come una macchina usata intensamente e troppo a lungo, la pompa cardiaca perde di efficienza e la sua capacità di mandare in circolo il sangue in tutto l'organismo cala progressivamente. Il ridotto afflusso di sangue ad organi e tessuti si manifesta con sintomi caratteristici, quali fiato corto e senso di affaticamento. Ma cos'è che, a monte, causa questa incapacità del cuore di funzionare? Tra le cause più comuni, riscontrate soprattutto negli anziani, vi è l'ipertrofia cardicaca: un inspessimento del muscolo cardiaco, che rende il lavoro della pompa cardiaca più laborioso e faticoso. Così faticoso, da compromettere con il tempo il cuore stesso. Ma ancora più a monte, qual è la causa di questo inspessimento? Qual è il primum movens molecolare che innesca questa degenrazione patologica del cuore?
Alla ricerca dell'elisir di lunga vita
A lungo ricercatori e cardiologi si sono interrogati su quali fossero gli attori molecolari coinvolti nell'insufficienza cardiaca degli anziani. Studi precedenti avevano già suggerito che alcuni fattori o ormoni in circolo nel sangue potessero svolgere una funzione “ringiovanente” sul tessuto cardiaco, ma nessuno era mai stato in grado di identificare con certezza nessuno di questi fattori. Con lo studio pubblicato sulle pagine della rivista Cell, il cardiologo Richard Lee e la staminologa Amy Wagers – entrambi del prestigioso Harvard Stem Cell Institute – hanno svelato per la prima volta uno dei fattori in grado di contrastare il deterioramento funzionale che insorge con l'età nel cuore. Si tratta del fattore di crescita, growth differentiation factor 11, chiamato comunemente GDF11.
Come è stato identificato il GDF11?
Per identificare quale molecola in circolo nel sangue periferico potesse aiutare il cuore a “ringiovanire”, i ricercatori del Harvard Stem Cell Institute sono ricorsi ad una particolare procedura chirurgica che prevede la congiunzione del circolo ematico di un topo con quello di una altro, un sistema chiamato parabiosi. In questo specifico studio, ad essere uniti tra di loro, sono stati due topi la cui principale differenza era proprio l'età: in questo modo, il sangue del topo giovane è stato mandato in circolo nel topo più anziano. A questo punto, i ricercatori hanno iniziato a monitorare il cuore del topo più vecchio: con grande sorpresa, si sono accorti che non solo la funzionalità cardiaca migliorava notevolmente, ma anche l'ispessimento della parete cardiaca andava incontro ad un progressivo assottigliamento. In altre parole, a contatto con il sangue di un topo più giovane, il cuore del topo più vecchio riacquisiva la funzione e l'aspetto di un cuore giovane.
A questo punto non rimaneva che chiedersi: tra tutte le molecole che il sangue veicola continuamente in giro per il nostro organismo, quale è responsabile del ringiovanimento del cuore? Passando al setaccio le varie molecole e ormoni contenuti nel sangue, i ricercatori si sono accorti che c'era una molecola che si distingueva da tutte le altre: si trattava del GDF11, i cui livelli nel siero si abbassano progressivamente con l'età.
In questo video, l'intervista (in inglese) in cui Richard Lee e Amy Wagers spiegano i risultati del loro studio sul GDF11 (fonte: HSCI)
Come agisce il GDF11
D'accordo, il sangue di un topo giovane può far migliorare la funzionalità cardiaca in un topo vecchio. E, d'accordo, i livelli di GDF11 diminuiscono notevolemnte nel siero dei topi man mano che questi invecchiano. Ma due indizi non fanno una prova, e quella che mancava ai ricercatori era, a questo punto, proprio la prova del nove: quella in grado di dimostrare che l'abbassamento dei livelli di GDF11 nel sangue era legato in modo causale all'insufficienza cardiaca. Per dimostrarlo, gli scienziati hanno iniettato GDF11 purificato in topi con chiari segni di insufficienza cardiaca legata all'età. Il risultato è stato a dir poco notevole: le cellule cardiache sono divenute più piccole, riacquisendo la morfologia tipica della loro controparte giovane, e lo spessore del muscolo cardiaco è tornato ai livelli normalmente riscontrati in un giovane topo sano.
Pur nella sua bellezza, lo studio lascia ancora molti punti da chiarire. Poter ringiovanire il cuore di un topo non significa necessariamente che la stessa procedura possa essere applicata con gli stessi esiti sull'uomo. Innanzitutto perché non è detto che il GDF11 sia in grado, da solo, di riportare indietro nel tempo un cuore umano, il cui invecchiamento fisiologico è spalmato su un numero molto più grande di anni. Perché gli effetti del GDF11 si manifestino, potrebbe essere necessario agire più precocemente, oppure altri fattori o ormoni potrebbero giocare un ruolo chiave. Ma non c’è dubbio che la strada sia stata aperta: «Se alcune patologie legate all’età sono dovute al calo di un qualche ormone in circolo nel sangue, allora è possibile immaginare che il ripristino dei suoi livelli fisiologici possa avere effetti benefici», sostiene Amy Wagers, sottolineando come questo studio apra un capitolo completamente nuovo nel trattamento dell’insufficienza cardiaca legata all’invecchiamento.