Analisi genetiche sui sedimenti del Mar Nero hanno permesso di ricostruirne le antiche comunità planctoniche, e l'evoluzione climatica ed ecologica.
Il paleoecologo Marco Coolen del Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), nel Massachussets (USA), ha scoperto un vero tesoro sul fondo del Mar Nero. Non si tratta del prezioso carico di un antico relitto e nemmeno di combustibili fossili, ma di geni. Dall’analisi dei sedimenti, è emersa infatti una insospettata varietà di specie di plancton ormai scomparse, il cui genoma fossile, o paleoma, è giunto fino a noi. Una vera miniera di informazioni per gli scienziati del team di Coolen, che hanno descritto le loro scoperte sui Proceedings of the National Academy of Sciences.
Tanto per cominciare, questi sedimenti ci dicono molto del passato clima continentale e delle variazioni idrologiche che hanno interessato il bacino. Il Mar Nero anticamente era un lago d'acqua dolce e ancora oggi è quasi isolato. Riceve acqua salata dal Mar Mediterraneo attraverso lo stretto del Bosforo e acqua dolce dai fiumi e dalle precipitazioni. Di conseguenza, è molto sensibile ai cambiamenti ambientali guidati dal clima e dalle attività umane.
I geni sedimentati raccontano
Usando una combinazione di tecniche avanzate di analisi del DNA antico e strumenti per ricostruire il clima del passato, Coolen e i suoi colleghi hanno stabilito in che modo le comunità di plancton hanno risposto ai cambiamenti climatici e all'influenza degli esseri umani negli ultimi 11.400 anni.
Tradizionalmente, i ricercatori ricostruiscono le comunità planctoniche utilizzando un microscopio per contare gli scheletri fossili trovati nelle carote di sedimenti. Questo metodo, tuttavia, è piuttosto limitato, perché la maggior parte del plancton non produce scheletri calcarei o di materiale organico e quindi non lascia tracce fossili. Il DNA, invece, è rimasto conservato nei sedimenti, consentendo ai ricercatori di scoprire la biodiversità planctonica in epoche passate.
Non è la prima volta che si usano le impronte genetiche per analizzare sedimenti marini, ma finora lo si era fatto per ricostruire in modo mirato gruppi specifici di plancton e gli studi erano perlopiù basati su librerie di geni clonati molto piccole. In questo caso, invece, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica molto rapida di sequenziamento del DNA, chiamata pirosequenziamento, per cercare i cambiamenti globali nella composizione del plancton marino dall’ultima glaciazione a oggi.
Emiliania rivela temperatura e salinità
Il team, inoltre, ha ricostruito i cambiamenti passati nella salinità e nella temperature dell’acqua, che possono aver modificato le comunità planctoniche, cercando le tracce di Emiliania huxleyi http://it.wikipedia.org/wiki/Emiliania_huxleyi. Questo organismo fotosintetico, del gruppo dei coccolitofori, produce alchenoni, una categoria di composti chimici molto resistenti, che restano a lungo nei sedimenti marini anche dopo che altre parti molli dell'organismo si sono decomposte. Gli scienziati di solito usano gli alchenoni per stimare la temperatura delle acque superficiali oceaniche nelle epoche passate. In questo caso, il rapporto tra due isotopi dell’idrogeno in essi contenuti ha permesso di mappare l’andamento della salinità del Mar Nero negli ultimi 6.500 anni. Uno degli isotopi, il deuterio, è infatti presente in maggior quantità se la salinità è più elevata.
L’evoluzione planctonica del Mar Nero
I risultati rivelano che 150 delle 2.710 specie di plancton identificate hanno mostrato una risposta statisticamente significativa a quattro fasi ambientali che si sono succedute dopo l’ultima glaciazione. Diverse specie di alghe verdi d’acqua dolce indicano condizioni lacustri più di 9.000 anni fa, anche se la co-presenza di una specie di plancton marino, in predenza non identificata, suggerisce che il Mar Nero sia stato influenzato in qualche misura dal Mar Mediterraneo almeno negli ultimi 9.600 anni.
Altre alghe marine tra cui dinoflagellate, cercozoa, eustigmatofite e le aptofite (che comprendono i coccolitofori) hanno accompagnato il progressivo aumento della salinità dopo l’ultima riconnessione marina con il Mediterraneo e durante l’optimum climatico caldo-umido, a metà dell’Olocene.
La salinità è aumentata rapidamente con l’inizio di una fase sub-boreale a clima secco circa 5.200 anni fa, che ha portato un aumento dei funghi marini e la prima comparsa dei copepodi. Una graduale successione di fitoplancton, rappresentata da dinoflagellati, diatomee, e alghe d’oro si è verificata 2.500 anni fa con l’inizio di una fase dal clima subatlantico fresco e umido, che ha determinato un raffreddamento del Mar Nero. I cambiamenti più drastici nel plancton, tuttavia, si sono avuti nel corso del secolo scorso, a causa delle attività antropiche nella regione.
Antichi tesori sommersi
Nel complesso, lo studio rivela quanto gli ecosistemi marini siano sensibili al clima e all’impatto umano. Grazie al sequenziamento ad alta velocità di antiche impronte genetiche possiamo ricostruire gran parte della vita oceanica delle epoche passate, compresi gli organismi che non si sono conservati come fossili. Il DNA si è conservato perfino nei sedimenti più antichi, che risalgono a quando il Mar Nero era ancora un lago e sono stati probabilmente rimescolati e ossigenati. Ciò significa che la maggior parte degli ambienti oceanici e lacustri custodisce con ogni probabilità un simile tesoro di dati genetici, che attendono solo di essere rivelati.