E se fosse possibile creare gli oggetti direttamente su un altro pianeta, invece di portarseli da casa? La stampa 3D potrebbe rappresentare un balzo in avanti per le missioni spaziali umane.
Per le missioni spaziali, umane e non, il peso è forse uno dei fattori più limitanti. Più peso significa più carburante (che a sua volta ovviamente aggiunge peso), un carburante non esattamente economico. Nel caso di atterraggio su un altro corpo celeste il problema diventa ancora più stringente: tutto deve essere calcolato fino all’ultimo grammo. Se poi dopo l’atterraggio gli eventuali astronauti ambiscono a tornare a casa, il margine per l’errore che fa la differenza tra la vita e la morte si riduce ulteriormente. E nello spazio, nessuno può sentirti invocare un carro attrezzi...
Ora, almeno per quanto riguarda le missioni umane, specialmente quelle che (si spera) riporteranno l’uomo sulla Luna e, poi, su Marte (con la prospettiva di rimanerci più di qualche ora), è disponibile il deus ex machina (è il caso di dirlo) della stampa 3D.
Perché portarsi nello spazio quintali di strumenti se è possibile costruirseli su misura una volta atterrati?
Ricercatori della Washinton State University hanno dimostrato con una ricerca pubblicata sulla rivista Rapid Prototyping Journal che è possibile ricavare semplici utensili utilizzando direttamente le rocce lunari.
La storia comincia nel 2010, quando la NASA ha contattato il team di ricerca del professor Amit Bandyopadhyay e Susmita Bose, specializzati nella stampa tridimensionale di impianti ortopedici su materiali che imitano le caratteristiche dell’osso umano, chiedendo se potevano cimentarsi con un altro materiale, e per altri scopi: rocce lunari.
La NASA ha quindi fornito qualche chilogrammo di polvere di rocce lunari (regolite), simulate ovviamente in base alla composizione nota di quelle riportate dalle missioni Apollo (una miscela di silice, alluminio, calcio e ossidi di ferro e magnesio).
Fortunatamente il comportamento di questa miscela si adatta bene alla stampante 3D, che grazie a un laser costruisce gli oggetti depositando uno strato dopo l’altro. Per ora, come mostra la foto in apertura, i pezzi sono molto semplici, ma aggiungendo qualche additivo sarà possibile ottenere diverse gamme di proprietà meccaniche, e quindi ampliare il ventaglio di componenti e utensili stampabili in situ. Una apparecchiatura del genere è inoltre in grado di riparare, tramite precise saldature, anche oggetti di altro materiale, riducendo il problema dei pezzi di ricambio.
Bandyopadhyay è molto ottimista: «può sembrare fantascienza, ma ora è realmente possibile. [..] e forse nei prossimi 50, 100 anni diventerà la norma [..].»