I ricordi della nostra vita da neonati sono avvolti nella nebbia: responsabile di questa amnesia infantile potrebbe essere l'intensa neurogenesi in atto nelle prime settimane di vita (Foto: Shutterstock)
La neurogenesi è il processo che, a partire dalle cellule staminali neuronali, porta alla formazione di nuovi neuroni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un fenomeno che avviene con una certa intensità nelle prime fasi di sviluppo, ma che poi va smorzandosi dopo la nascita. Fino a pochi anni fa si pensava che la nascita segnasse un brusco stop alla neurogenesi e l’inizio di un’irreversibile perdita di neuroni. Esiste però un’importante eccezione a questo drastico dogma delle neuroscienze: in una particolare regione del cervello, chiamata giro dentato dell’ippocampo, il processo di neurogenesi prosegue per tutta la vita con la formazione, anche nell’uomo, di centinaia di nuovi neuroni al giorno. La regione interessata è molto attiva nei processi di apprendimento, nella memoria spaziale e nella formazione di nuovi ricordi.
Come il processo di neurogenesi si intrecci con la formazione dei ricordi rimane tuttavia una questione piuttosto controversa. Se, da un lato, la generazione di nuovi neuroni sembra essere importante per la formazione di nuovi ricordi, dall’altro questo processo potrebbe andare ad alterare l’integrità dei circuiti neuronali già formati, minando alla base il mantenimento dei vecchi ricordi e portando alla loro cancellazione. Per cercare di fare chiarezza nel complicato gomitolo di circuiti della memoria, il gruppo di ricerca di Paul Frankland, neuroscienziato dell’Hospital for Sick Children di Toronto, ha messo a confronto topi di appena 17 settimane (l’età di un neonato umano) con i loro parenti più vecchi. Entrambi i gruppi di topolini sono stati posti su di un pavimento metallico attraverso il quale veniva loro trasmesso un leggero impulso elettrico alle zampe. A distanza di tempo, i topi sono stati poi riportati saltuariamente sull’area metallica, senza che venisse però liberata alcuna scossa: è a questo punto che le differenze di comportamento si sono fatte evidenti. Pur non subendo alcuna stimolazione elettrica, i topi più vecchi tendevano ad irrigidirsi, manifestando uno stress che era il chiaro ricordo della spiacevole esperienza subita. Al contrario, già dopo un giorno, i topolini più giovani sembravano essersene completamente dimenticati. Cosa poteva causare una simile differenza? Forse l'intensa neurogenesi dei topolini più giovani poteva contribuire a cancellare i vecchi, spiacevoli ricordi?
Anatomia della zona subventricolare (SVZ), sede di un'intensa neurogenesi sia nell'uomo che nel topo adulto: (A) Visione laterale, da cui emerge la posizione del giro dentato dell'ippocampo (DG); (B-D) Composizione cellulare della zona subventricolare; (C) Visione trasversale del cervello e posizione del ventricolo laterale (Immagine: Wikimedia Commons)
Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno cercato di indurre la neurogenesi nei topi più vecchi. L’esercizio fisico e i farmaci anti-depressivi possono potenziare la formazione di nuovi neuroni: stimolati in questo modo, anche i topi più vecchi hanno iniziato a reagire come quelli giovani, dimenticando lo stress dell’impulso elettrico molto più rapidamente. Per contro, topi con alterazioni genetiche che rallentano la neurogenesi sono, anche da giovani, più simili ai vecchi e la paura legata al pavimento metallico scompare in tempi più lunghi.
In psicologia, la capacità di dimenticare esperienze traumatiche del passato è sicuramente considerato uno step fondamentale per mantenere un buon equilibrio psicologico. Nonostante gli studi di Frankland siano per ora limitati al topo e non esista al momento un modo per verificare questa scoperta nell’uomo, si apre con questi studi una nuova possibilità: quella che i farmaci anti-depressivi agiscano non solo regolando il rilascio di neurotrasmettitori, ma anche promuovendo la neurogenesi, aiutando così a dare un colpo di spugna sui circuiti neuronali in cui i ricordi traumatici si sono annidati.