Aula di Scienze

Aula di Scienze

Persone, storie e dati per capire il mondo

Speciali di Scienze
Materie
Biologia
Chimica
Fisica
Matematica
Scienze della Terra
Tecnologia
I blog
Sezioni
Come te lo spiego
Science News
Podcast
Interviste
Video
Animazioni
L'esperto di matematica
L'esperto di fisica
L'esperto di chimica
Chi siamo
Cerca
Science News

Voyager: «vecchie sonde» non mollano

Nonostante i 34 anni di attività, le sonde Voyager hanno ancora la loro da dire in materia di cosmologia. Grazie alla loro posizione privilegiata, ai limiti del Sistema Solare, sono state in grado di rilevare una radiazione ultravioletta in alcune regioni della nostra galassia. Lo studio, pubblicato su Science, ci fornisce uno strumento per parlare di modelli cosmologici e spettroscopia.
leggi
Nonostante i 34 anni di attività, le sonde Voyager hanno ancora la loro da dire in materia di cosmologia. Grazie alla loro posizione privilegiata, ai limiti del Sistema Solare, sono state in grado di rilevare una radiazione ultravioletta in alcune regioni della nostra galassia. Lo studio, pubblicato su Science, ci fornisce uno strumento per parlare di modelli cosmologici e spettroscopia. Le sonde Voyager, nel loro viaggio verso il limite del Sistema Solare, hanno rilevato la radiazione Lyman-alfa, una radiazione ultravioletta, in alcune regione della Via Lattea. Questa radiazione emessa dagli atomi di idrogeno in via di raffreddamento è molto intensa nelle zone di formazione delle stelle e in prossimità di stelle giovani.

Immagine di una delle sonte Voyager a terra, oramai molti anni fa (Immagine: voyager.jpl.nasa.gov)

La scoperta Grazie a questa scoperta si è avuta la conferma che la radiazione ultravioletta caratterizza le zone circostanti alle nuove stelle, e questo ci fornirà nuove indicazioni per lo studio delle altre galassie. Le stelle giovani emettono infatti grandi quantità di radiazioni, che eccitano le molecole di idrogeno. Queste ultime sono instabili e tornando allo stato fondamentale emettono una radiazione ultravioletta, la Lyman-alfa. Fino a oggi questa radiazione era stata misurata solo per le galassie più lontane, ma non per la nostra. Infatti il vento solare in un certo senso maschera la radiazione ultravioletta nelle zone circostanti. Ma grazie alla posizione delle sonde Voyager e a un nuovo strumento di analisi messo a punto da Rosine Lallement del Centre national de la recherche scientifique (Cnrs) francese, oggi è stato possibile identificare la Lyman-alfa anche a casa nostra.

Una delle celebri immagini degli anelli di Saturno inviate a terra dalla missione Voyager (Immagine: voyager.jpl.nasa.gov)

Gli ultravioletti Nello spettro visibile gli ultravioletti non sono presenti, perché sono radiazioni elettromagnetiche a lunghezza d’onda minore e frequenza maggiore rispetto a quelle che noi possiamo percepire con gli occhi. Nella vita di tutti i giorni gli ultravioletti sono raggi utilizzati per le docce abbronzanti, ma anche in medicina e per scovare alcune contraffazioni in numismatica e restauro. In cosmologia dalla misurazione della radiazione Lyman-alpha è possibile fare estrapolazioni sulla struttura dell’universo o studiare la materia oscura e le stelle più lontane, come leggiamo in questo piccolo saggio dell’Università di Berkeley. Si tratta di argomenti molto attuali, dal momento che il Nobel del 2011 per la Fisica, commentato su Aula di Scienze, è stato assegnato proprio per la scoperta che il nostro universo è in espansione e in accelerazione. Le sonde Le sonde Voyager 1 e 2 furono lanciate nel 1977, e sono oggi i veicoli spaziali più vecchi ancora in funzione. Al momento si trovano a una distanza lontanissima da noi, rispettivamente 120 e 100 volte quella che c'è tra Terra e Sole. Nonostante una parte degli strumenti di rilevazione a bordo non siano più in funzione, e che i generatori di energia stiano perdendo potenza, queste sonde potrebbero riservare ancora molte sorprese. Nei prossimi anni raggiungeranno l’eliopausa, ovvero il confine del Sistema Solare dove il vento di particelle cariche proveniente dal Sole viene fermato dal materiale interstellare. Non sappiamo però se per allora saranno ancora in grado di fornirci altri dati, come ricorda l’astronomo Jeffrey Linsky, dell’Università del Colorado, in questo commento su Science. -- Nell’Aula di Scienze puoi approfondire con: L’approfondimento sul Nobel per la fisica 2011 Nuovi indizi sulla materia oscura

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento