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Vedere i legami molecolari

Grazie alla microscopia a forza atomica, da oggi è possibile vedere non solo le molecole, ma anche i legami molecolari.
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Quando osserviamo la formula di struttura di una molecola vediamo i legami molecolari rappresentati da simboli standardizzati. Ma è possibile vedere realmente questi legami, e distinguerli uno dall'altro? Un team di ricercatori del colosso informatico IBM c'è riuscito, e ha presentato i risultati sulla rivista Science.

La tecnologia di base utilizzata è quella del microscopio a forza atomica (atomic force microscope, AFM). Questa apparecchiatura (che già rendeva possibile «vedere» fino a livello molecolare), semplificando, è costituita da una sensibilissima sonda che viene avvicinata al preparato fino a che possano entrare in azione quelle forze che agiscono al livello atomico: forze di Van de Waals, elettrostatiche, magnetiche e, appunto, quelle dei legami chimici. I minutissimi spostamenti della sonda, man mano che ispeziona il campione, sono misurati grazie a un laser. I dati sono poi trasformati da un computer in un'immagine.

Schema di funzionamento di un microscopio a forza atomica (AFM)

Non è casuale che l'innovazione più stupefacente di questo strumento, e che ha reso possibile il nuovo lavoro, venga da IBM. Sebbene sia una sigla che associamo automaticamente all'informatica, sia a livello industriale che di consumo, è da trent'anni che l'azienda ha puntato sulle nanotecnologie, ed è proprio nei suoi laboratori che nacque il precursore di AFM (il microscopio a effetto tunnel, STM) grazie al lavoro di Gerd Binnig and Heinrich Rohrer, che ottennero per questo nel 1986 il premio Nobel per la fisica.

Nel 1989, quando AFM ha iniziato a essere commercializzato, un altro team aveva trovato il modo di spostare a piacimento singoli atomi proprio sfruttando STM. Siccome un'immagine vale più di mille parole, i ricercatori, presentando nel 1990 il lavoro su Nature, avevano ben pensato di fare un po' di marketing: il logo dell'IBM nell'immagine qui sotto è stato ottenuto posizionando 35 atomi di xeno su una lastra di nichel.

 

Immagine del logo IBM (Crediti immagine: IBM)

Un AFM «tradizionale» funziona «a contatto», come spiegato in precedenza, ma per vedere i legami e spingersi ancor più in dettaglio bisogna usare il metodo «senza contatto»: la sonda viene fatta vibrare a un'ampiezza d'onda di pochi nanometri, e l'immagine viene ricavata da come la frequenza di oscillazione viene diminuita dall'interazione con le forze molecolari del campione.

Nel 2009, sempre su Science, il team era riuscito a vedere per la prima volta la struttura di alcune molecole, ma ancora non era stato in grado di distinguere tra un legame e l'altro. Per fare questo, sono ricorsi all'asso nella manica delle nanotecnologie: i fullerene, le molecole tuttofare. Questa classe di molecole, interamente costituite di carbonio, si è infatti rivelata ideale poiché genera meno rumore di fondo: la sonda (che utilizza una molecola di CO, monossido di carbonio, come antenna), è libera di interagire in modo specifico con i legami.
Oltre al fullerene sono anche osservati idrocarburi policiclici aromatici (utilizzati anche nel 2009) ma sintetizzati su misura, sempre per ridurre il disturbo.

Quali saranno le ricadute tecnologiche? Difficile, come al solito, prevedere la portata di un'innovazione di questo tipo, ma si prevede che le applicazioni più immediate potranno essere nell'elettronica: il tipo di legame non determina solo le proprietà chimiche di un composto, ma anche quelle ottiche ed elettriche.
Dai pannelli solari organici agli OLEDs (diodi organici ad emissione di luce, già entrati nell'elettronica di consumo) ora gli ingegneri hanno guadagnato un ulteriore spazio di manovra verso l'ottimizzazione.

 

Una galleria di immagini delle molecole e dei ricercatori al lavoro (Crediti galleria immagini: IBM)

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