Grazie alle brain-machine interfaces non solo possiamo comandare le macchine con la mente, ma possiamo dare a essa stimoli del tutto nuovi. È quello che ha dimostrato un gruppo di ricercatori della Duke University (USA) usando come organismo modello i ratti.
Secondo il biologo Richard Dawkins gli esseri umani si sono evoluti in un "Mondo di Mezzo", cioè i nostri sensi possono apprezzare solo una piccolissima frazione della realtà che ci circonda: percepiamo solo una frazione piccolissima dello spettro elettromagnetico, sentiamo solo alcune frequenze, il nostro occhio ha una risoluzione limitata. Con i nostri soli sensi non siamo nemmeno in grado di immaginare né la vastità degli spazi siderali, né ciò che accade a livello subatomico. Il progresso tecnologico ha consentito alla nostra specie di superare questi limiti: ora i nostri occhi hanno l’aiuto di giganteschi telescopi e radiotelescopi, acceleratori di particelle e naturalmente computer senza i quali sarebbe impossibile rendere queste nuove informazioni comprensibili ai nostri poveri sensi.
Ora però si sta facendo largo un nuovo approccio per scavalcare i limiti umani, cioè "addestrare" il cervello in modo da insegnargli a interagire direttamente con le macchine, un'impresa possibile grazie alle brain-computer inferfaces (interfacce cervello-computer). Una tipica interfaccia di questo tipo usa elettrodi per consentire al sistema nervoso di comunicare con un computer, il quale traduce gli impulsi in modo tale che sia possibile controllare con la mente (letteralmente) una macchina. Questa macchina può essere a sua volta un computer, ma anche un dispositivo robotico: è di pochi mesi fa la notizia di una paziente tetraplegica che riesce a comandare un braccio meccanico. Questo rapporto può essere anche bidirezionale: il computer può trasmettere impulsi interpretabili dal sistema nervoso. In alcuni casi è infatti addirittura possibile che un cieco acquisti un (rudimentale) sistema visivo grazie a visori che vanno a stimolare direttamente i centri della vista.
Ma se fosse addirittura possibile acquistare sensi del tutto nuovi? Lo hanno dimostrato i ricercatori della Duke University a Durham (USA), che hanno creato un'interfaccia grazie alla quale i ratti possono vedere l’infrarosso, una frequenza normalmente invisibile alla sua (come alla nostra) specie. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Ciò è possibile grazie a un sensore che invia segnali direttamente al cervello, per la precisione nei centri del tatto: l’animale infatti, più che vedere, "tocca" la luce infrarossa. Naturalmente c’è stato bisogno di un po’ di allenamento perché il ratto imparasse a usare questo nuovo senso. All’inizio dell’esperimento, infatti, ogni volta che il sensore catturava la luce infrarossa dei ricercatori, i ratti non facevano altro che accarezzarsi le vibrisse (cioè i "baffi", i sensori tattili che possiedono molti mammiferi, tra cui naturalmente i gatti). Dopo un mese di addestramento invece i ratti avevano imparato a dirigersi verso la fonte luminosa per ricevere il premio (un sorso d’acqua).
La riuscita dell’esperimento era anche legata a un pre-addestramento dove, prima dell’installazione del sensore, i ratti avevano imparato a eseguire le stesse manovre, ma sotto stimolazione luminosa di un semplice LED.
Abbiamo quindi ora un mammifero con un senso del tutto nuovo mediato da una macchina: a molti verrà sicuramente in mente, tra i numerosi esempi offerti dalla fantascienza, Geordi La Forge, ufficiale sulla astronave Enterprise nella serie televisiva Star Trek - The Next Generation. La Forge, nato cieco, può vedere grazie al dispositivo VISOR, che però non ha gli stessi limiti del nostro occhio: percepisce una frazione maggiore dello spettro elettromagnetico tra cui, appunto, la radiazione infrarossa. Vede, letteralmente, l’invisibile.
Di recente, il leader del team della ricerca, Miguel Nicolelis, ha dichiarato durante il meeting annuale della AAAS (American Association for the Advancement of Science) che non crede che il cervello umano possa essere computabile, cioè non sarà possibile un giorno caricare le nostre memorie su un hard disk. Si è detto invece convinto che uomo e macchina si integreranno tra loro. Se avete pensato ai Borg, la razza aliena totalmente cibernetica sempre di Star Trek, probabilmente non siete soli...